Dal Miramare al bar Scalamandrè, dalle lotto Dc-Psi all’impronta salesiana, Franco Cervadoro ripercorre nel suo libro la memoria della città negli anni ’50-’70 attraverso personaggi, avvenimenti e luoghi indimenticabili…
Memories…may be beautiful and yet…cantava Barbra Streisand nell’indimenticabile “Come eravamo” con Robert Redford, provocando immancabilmente in intere generazioni di spettatori la strizzata di cuore delle memorie più intense della propria giovinezza e dei favolosi anni ’60. E questa era la sensazione che aleggiava venerdì sera al Miramare di Soverato, dove mezza città è accorsa alla presentazione del libro di Franco “Ciccillo” Cervadoro, Come eravamo, edizioni Abramo.
Un quaderno pieno di fotografie d’epoca (curate da Renato Alecci e Antonio Fiorita) e di ricordi, che contiene gli scritti pubblicati da Cervadoro nel 2010 proprio su soveratoweb, nella rubrica che da ora il titolo al libro. Scritti ai quali l’autore ha aggiunto l’autobiografia della sua vita universitaria a Firenze che ha attraversato la Goliardia, l’alluvione del ’66 e il movimento del ’68. E in aggiunta al corpus originale, poi, due delle feste che hanno fatto la storia delle tradizioni soveratesi: S. Martino e I Giochi di Eutimo.
La raccolta si apre con un capitolo dedicato alla politica soveratese, “che allora era una cosa seria”, e alla tanto acerrima quanto leale rivalità tra la Dc, devota ad Antonino Calabretta, e i Socialisti stretti intorno a Luigino Sangiuliano. Ognuno con il suo territorio da marcare, anche solo per andare a prendere una birra (i Psi bevevano la Dreher dal Cavaliere Loiero, i Dc prendevano la Peroni dall’avv. Alcaro), mentre i comunisti erano “pochissimi ma buoni”. Sezione d’onore per il leggendario bar Scalamandrè sul Corso, che sfornava gelati e granite insuperabili e indimenticati, sotto la ferrea mano di don Peppino Scalamandrè e don Giacomo Apicella. E poi il cinema Lido, lo Zampillo, le foto “Celia”, e altri cento luoghi e riferimenti sociali e culturali dell’epoca che davvero hanno costituito una comunità operosa e allegra, “il centro del mondo” di allora, dominato, dall’alto, dall’istituto salesiano e dalla figura di Don Bosco che hanno formato per lo studio e per la vita generazioni di soveratesi e calabresi, ben 600 esterni e 300 interni in quegli anni, con figure di salesiani-educatori, oltre che fini intellettuali, ai quali Cervadoro rende omaggio. Ricordando anche l’oratorio e le Figlie di Maria Ausiliatrice. E la rassegna potrebbe continuare all’infinito, occorre leggere il libro per una mappa completa dei tesori sottratti all’oblio. Sicuramente occhi lucidi e risate si sono mischiati nel corso della presentazione al Miramare, location favolosa degli anni narrati nel libro.
“Ringrazio tutti gli amici che mi hanno affiancato in questo percorso di riscoperta, contribuendo con i loro ricordi e aggiustando il tiro della mia memoria”, ha sottolineato Cervadoro nel suo intervento, lasciando poi la parola ad alcune figure rappresentative di questo percorso, da Mimmo La Rosa, re del teatro soveratese, a Pino Gioffrè, imprenditore emerito che ha precisato e raccontato aneddoti e contesto economico dell’epoca, a Mimmo Ielasi, presidente del Tribunale di Catanzaro e all’epoca e compagno di scuola “primo della classe imbattibile”, interno proveniente da Bianco (Rc), che ha ricordato alcuni momenti più significativi della sua esperienza ai salesiani, oltre che il maggior insegnamento, “la concezione del potere come servizio”. A chiudere la serata, un breve intervento di don Gino Martucci, direttore dell’istituto salesiano (accompagnato dal preside Saverio Candelieri), che ha reso testimonianza della presenza salesiana ieri come oggi nella guida e nel sostegno alla comunità, cogliendo l’occasione per annunciare il grande evento del passaggio delle sante spoglie di Don Bosco a Soverato, il prossimo mese di ottobre.
Teresa Pittelli @teresapittelli