Maria Grazia Muri (Astarte): “Ecco come si è evoluto il fenomeno nel catanzarese.”
Cinque o sei casi al mese da seguire, telefono verde h 24, interventi a tutte le ore del giorno e della notte per sostenere donne vittime di violenza e offrire loro quel supporto psicologico, quella mano in più che spesso le istituzioni non riescono a dare. Questo e molto altro fa Astarte, l’associazione catanzarese che dal 2011 ha istituito Sos Astarte donna, uno sportello anti-violenza che per anni si è retto solo sull’impegno volontario degli operatori. Un pool di educatori, psicologi, assistenti sociali e avvocati coordinato da Maria Grazia Muri, presidente dell’associazione. Dall’anno scorso Astarte ha avuto un finanziamento di circa 45 mila euro dalla Chiesa Valdese, mentre la sede è stata messa a disposizione dall’Arcidiocesi di Catanzaro. Oggi Astarte sarà al parco commerciale Le Fontane per un incontro di riflessione al quale parteciperanno molte realtà istituzionali e associative, in occasione della festa della donna.
Presidente come funziona il vostro lavoro sul territorio?
Noi interveniamo a Catanzaro e in provincia, andando sul posto al momento della violenza, cercando si sopperire a quello che spesso manca alle forze dell’ordine: un supporto psicologico per la vittima, la vicinanza fisica alla donna, il suo accompagnamento in ospedale e subito dopo a fare la denuncia. Quest’ultimo è un passo importante perché la donna maltrattata spesso tende nel giro di qualche giorno, a volte di qualche ora, a non voler più denunciare, a negare il problema finché puntualmente non si ripresenta, magari in forma più grave.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate sul terreno?
Abbiamo un’ottima collaborazione con le forze dell’ordine, in particolare con la questura che recentemente ci ha lodato per il nostro ruolo nell’arresto di uno stalker che stava mettendo in serio pericolo la vita della sua ex. Il problema però è che spesso i tempi della giustizia non coincidono minimamente con i bisogni delle vittime. Capita che quando arriva la condanna la situazione sia molto cambiata o irreparabile. Occorrerebbe una legislazione speciale e poi molta prevenzione.
Come si fa a prevenire?
Io mi batto molto perché i segnali di un conflitto familiare siano presi sul serio a partire dalla scuola, quando ci sono bambini. Noi abbiamo avuto l’idea di coinvolgere i parroci e parlarne anche durante le messe, sensibilizzando i fedeli sull’esistenza dello sportello.
Come si è evoluto il fenomeno in questi anni?
Ultimamente abbiamo avuto denunce anche da parte di donne anziane, una addirittura di 82 anni che aveva subito violenza dal marito per sessanta anni. Segno di una consapevolezza maggiore anche da parte di chi un tempo considerava normale subire.