Uno spettacolo a tinte pastello e memorie non troppo distanti nel tempo ma che sembrano già lontanissime: gli anni ’60, le canzoni di Rita Pavone, la riservatezza di una ricamatrice, la bontà un po’ burbera di un sarto che vive di ricordi. Solitudini che celano piccoli drammi privati ma che lentamente si schiudono, tra un punto e un ricamo, fino a svelare il giallo nascosto nella trama. E’ una commedia “piccola” nel senso buono del termine L’abito della sposa, messa in scena domenica in doppio turno al teatro del Grillo di Soverato, per la regia di Maurizio Panici. “Piccola nel senso che tra atmosfere retrò e narrazione fatta di persone semplici e sentimenti genuini recupera quella dimensione minima fatta di attenzione e cura per l’altro della quale oggi sento molto il bisogno e la mancanza”. Così Pino Strabioli, interprete perfetto del sarto Lucio, ha raccontato l’opera incontrando il pubblico e la stampa prima della mise en scene al Grillo. Una piece scritta su misura per Strabioli da Mario Gelardi, grande veterano del teatro civile napoletano e coautore di Gomorra insieme a Roberto Saviano, che in questo caso è passato al registro delicato e romantico proprio in seguito a un incontro napoletano con Strabioli, poliedrico attore, autore, conduttore e giornalista culturale.
E proprio nell’anno di nascita di Strabioli, il 1963, Gelardi ha voluto ambientare la commedia. Un anno importante, nel quale memorabili eventi di costume si alternano ad alcune grandi tragedie dell’Italia del boom: il matrimonio Ponti-Loren, la visita in Italia di Kennedy, la scandalosa love story tra Teddy Reno e Rita Pavone, la tragedia del Vajont. L’eco di questa temperie culturale arriva anche nel piccolo mondo di una sartoria di abiti militari che Lucio ha ereditato dal padre. Scontroso ma profondamente buono, il sarto vive ascoltando canzonette e nel rimpianto di un amore finito male con una persona sposata. Quando un generale gli chiede di cucire l’abito da sposa per la figlia, Lucio non può rifiutarsi ed è costretto ad assumere Nunzia, ricamatrice timida e introversa, amareggiata dalla storia con un giovanotto che l’ha lasciata non considerandola alla sua altezza. La storia, che alterna momenti di profonda intimità ed altri giocosi e ironici, si sviluppa e si scioglie con ritmo e naturalezza nel piccolo colpo di scena finale.
Interprete di Nunzia è l’attrice toscana Alice Spisa, premio Ubu 2013 per gli attori under 30. Un curriculum quello di Spisa, tra formazione inglese e studi torinesi, teatro sperimentale e di ricerca, che sembrava assai distante dal tono di questa commedia. “E invece mi sono innamorata di questo personaggio, della leggerezza e al tempo stesso della profondità di senso del testo”, ha raccontato Spisa. Dopo aver debuttato lo scorso agosto al Todi Festival la commedia sta riscuotendo successi ed entusiasmo in tour per la Penisola, tanto che si prevede a breve un nuovo passaggio da Roma. E lunghi applausi i due interpreti hanno riscosso ieri sera al Grillo, il teatro cittadino diretto da Claudio Rombolà, che ancora una volta ha regalato al suo pubblico uno spettacolo intelligente e di primissimo livello artistico e culturale.
Teresa Pittelli