E così siamo tutti ‘ndranghetisti. Un’accusa che sembra emergere da più di una delle dirette andate in onda ieri sulla tragica sparatoria davanti Palazzo Chigi, a opera di Luigi Preiti, quarantenne originario di Rosarno, che ha ferito due carabinieri (uno in modo grave) nel tentativo – fallito – di arrivare ai ministri del governo Letta che stavano giurando in quel momento.
“Essendo di origini calabresi, si presume che abbia legami con la ndrangheta”, ha detto in diretta Antonella Galli, giornalista di La7, suscitando centinaia di post sdegnati e rabbiosi, per lo più all’interno dei social network e di siti web calabresi, che in alcuni casi chiedono il licenziamento della giornalista. A livello nazionale, purtroppo, la cosa non è che abbia fatto molto scandalo. Se sei calabrese, si sa, è probabile che tu sia anche un malvivente. Così come se sei nero sicuramente hai il ritmo nel sangue e se sei una donna al volante sarai un pericolo costante.
Alla fine, tirato in ballo in tanti post, Enrico Mentana, originario di Bova (Rc) da parte paterna, scrive su twitter “Amici calabresi, oggi avete sentito la vostra terra (dove nacque anche mio padre) citata mille volte, una non volutamente offensiva. Scusate”. Ma non è solo La7 a scivolare sull’accidentato sentiero che dalla giusta constatazione dell’alto tasso criminale in Calabria devia verso il razzismo nei confronti di un’intera regione. Nel riferire di piste investigative e dubbi all’esame degli inquirenti, Tonia Cartolano di Sky Tg24 si chiede infatti come mai un calabrese debba andare ad Alessandria a procurarsi una pistola, visto che a Rosarno non sarà difficile trovarla.
Ora, non voglio fare del falso moralismo. Ma questo razzismo quasi inconsapevole, quasi da gaffeur – e quindi ancora più odioso perché non frutto di sentimenti xenofobi e anti-meridionali simil-leghisti, ma solido pregiudizio stratificato nella coscienza collettiva – fa male a chi in questa terra vive e lavora onestamente, e di questa terra subisce tutto il fascino insieme a tutte le ingiustizie e incongruenze. E allora i giudizi affrettati, le visioni distorte della realtà e le palesi dimostrazioni di ignoranza sarebbero da censurare in modo un po’ più serio che con un semplice giro di post su facebook e di tweet. E in mancanza di altre voci dobbiamo farlo noi, i nostri politici, i nostri media, la nostra società civile.
Un approccio, questo, adottato ieri dal sito di informazione ZoomSud, che oggi segnala il bell’articolo di Adriano Sofri, che in 7000 battute su Repubblica spiega tutto quello che c’è da sapere sulla sparatoria di ieri senza scrivere mai né la parola Calabria né la parola calabrese.
Teresa Pittelli @teresapittelli