Mamme e papà alle prese con la prima volta che i vostri bimbi varcano le agognate e temute soglie dell’asilo, per il nido o il primo anno della scuola materna: non disperate! Lo smarrimento – a quanto mi assicurano amiche, conoscenti e cognate più rodate – durerà solo qualche settimana, poi tutto andrà al suo posto. I pargoli smetteranno di piangere tutte le lacrime che hanno e chiedere con la voce più straziante e dolce mai avuta: “Mamma (papà) ma tu non mi lasci qui da solo (sola), vero?”, con l’effetto simultaneo di farci sentire una merdaccia e di far venire crisi di pianto pure a noi, mal nascoste con la scusa dei primi raffreddori di stagione. Le maestre riusciranno ad avere la meglio sul coro di pianti e urla, e incominciare a far fare ai bambini qualche attività condivisa, che non sia la rassicurazione ora all’uno ora all’altro “Adesso viene mamma, è andata a fare la spesa…”. E noi genitori, infine, andremo via con la consapevolezza che anche questa è fatta, il pupo o la pupa si sono abituati a questa nuova tappa della loro giovanissima vita, sembrano contenti, e noi li abbiamo accompagnati anche stavolta meglio che abbiamo potuto.
Prima che questo lieto fine prospettato da mamme/cognate/conoscenti rodate arrivi, però, questi sono “i giorni sono del caos”, sia nelle classi sia nella testa di noi poveri genitori, che pieni di dubbi e sensi di colpa navighiamo a vista tra i consigli delle esperte, le regole lette su qualche libro specializzato o magari su Internet, le raccomandazioni delle maestre e qualche volta della bidella. “Signò ve ne dovete andare, se non non si abitua”, è il leit-motiv che mi sono sentita indirizzare in questi primi giorni di inserimento di Viola alla materna. E sì perché davanti alla prova-inserimento emergono prepotentemente due categorie di mamme (o di papà, ma in realtà sono ancora per la stra-grande maggioranza le mamme a farsi carico delle emozioni e delle incombenze di questo momento). Tornando alle due categorie, c’è la mamma-gatta, quella che accompagna i piccoli all’asilo, li rassicura un po’, ma alla fine è disposta a chiudersi la porta alle spalle e lasciarli lì, confidando nelle maestre e nelle capacità dei piccoli di sviluppare al volo l’adeguata autonomia rispetto alla nuova situazione, meglio da soli che con mamma accanto; e c’è invece la mamma-capretta, quella che ha i figli costantemente al seguito, e stenta a mollarli così facilmente in un ambiente nuovo (e dati i decibel di grida disperate all’apparenza ostile!). La mamma-capretta prende sul serio i primi giorni di inserimento co-gestito insegnanti-genitori, e non si allontana dall’infante se non per piccole e fallimentari prove di separazione (“vado a telefonare, vado un attimo un bagno, tu resta qui coi bimbi e le maestre” seguito dall’immancabile “mamma vengo con te!”).
C’è anche una terza categoria, alla quale appartengono veramente in poche, per lo più rappresentanti di maternità tanto responsabili e consapevoli quanto ansiogene: le mamme-canguro. La mamma canguro porta il suo baby nel marsupio e ritiene che solo una scuola montessoriana situata in una non meglio precisata latitudine, sicuramente fuori dal comprensorio soveratese (e forse italiano), potrebbe assicurare al suo pargolo la libertà, la creatività e l’assenza di traumi rispetto alla malridotta scuola materna comunale. La mamma canguro non ha mandato la bimba al nido (oppure ci ha provato, ma ha desistito), dopo aver letto chili di manualistica specializzata pro/contro l’inserimento precoce in società e lo sviluppo psico-affettivo dei bimbi 0-3 anni. La mamma canguro lotta come una leonessa per presenziare all’intera settimana prevista per l’inserimento (tra sguardi perplessi delle maestre, proteste a mezza bocca delle altre mamme e rimproveri della bidella dopo il terzo giorno), convinta che la bimba stia prendendo sicurezza dalla sua presenza e dalla graduale familiarità con l’ambiente, dandole quel minimo di tempo necessario ad abituarsi alla novità e ad essere più serena nel percorso seguente (“Signò guardate che piangerà uguale pure lunedì prossimo”, è però l’avvertimento. “Sì piangerà, ma non “uguale”, perchè nel frattempo avrà avuto modo di elaborare il distacco e la nuova routine”, è la risposta della cangura).
Ok confesso…appartengo a quest’ultima categoria! Ma ognuno deve trovare con se stessa, in famiglia, con le maestre e soprattutto con il proprio bimbo l’equilibrio migliore per superare questo dolce-amaro, importantissimo, memorabile passaggio. E pur tra tagli alla scuola pubblica che la lasciano senza fondi e con il personale sotto-dimensionato, pur tra tante incongruenze, pur nell’incertezza della data di partenza della mensa scolastica, sono sicura che questo sia l’inizio di una bellissima avventura della mia “Polpetta” che cresce, e auguro a lei, a tutti noi e al personale della scuola un bellissimo anno da trascorrere insieme!
PS E voi…a che categoria appartenete?
@teresapittelli