Sulle foibe

 Nella giornata del ricordo delle foibe, dove vennero uccisi istriani e dalmati a migliaia, a Serra San Bruno si terrà un incontro, trasmesso per Radio Serra alle scuole. Torneremo sull’argomento, e intanto offro ai lettori, come spunto di discussione, la scheda introduttiva che ho scritto per l’occasione.

SCHEDA STORICA

 L’Illirico e Dalmazia ai tempi dell’Impero Romano erano terre latinizzate. Sulle coste e nelle città si parlò il dalmata, idioma leolatino estinto nel XVI secolo, e sostituito con il veneto e l’italiano comune.

 Venezia occupò diverse città dalmate, ottenendo ai primi del XV secolo la cessione ufficiale del territorio da Ladislao di Angiò di Durazzo nella veste di re d’Ungheria. Le città di Zara, Trau, Spalato, Sebenico, eccetto Ragusa autonoma, restarono veneziane. I territori più interni erano abitati da croati, tuttavia quasi solo contadini e pastori, e, generalmente, fedeli alla Serenissima, che si serviva di truppe di “Schiavoni”.

 Nel 1797 Napoleone, con il trattato di Campoformio, cedeva all’Austria il Veneto e la stessa Dalmazia. Questa fu per breve tempo parte del Regno d’Italia, poi venne annessa direttamente alla Francia come Province Illiriche. Nel 1814 tornò all’Austria, nominalmente come parte del Regno Lombardo Veneto, di fatto annessa all’amministrazione austriaca. Fiume era dal XVIII secolo un corpus separatum del Regno d’Ungheria, legato all’Austria.

 Si verificava intanto una fenomeno di crescita sociale e culturale dell’elemento croato, che si avvicinava alle città fondando villaggi identitari: è il caso di Ragusa, presso cui sorse un insediamento croato detto Dubrovnik.

 Tale processo andò accelerandosi, soprattutto dopo che, nel 1867, venne sancito il dualismo tra l’Impero d’Austria e il Regno d’Ungheria, uniti dalla persona del sovrano e dalla politica estera. Molto diversa fu tra Budapest e Vienna la politica nei confronti degli Slavi, tenuti in stato di minorità nei domini ungheresi, mentre stavano divenendo numericamente maggioritari in Austria. Ciò favorì la slavizzazione delle città italiane.

 L’anno prima l’Italia aveva fallito, come già nel 1859, nella speranza di annettersi la Dalmazia. L’irredentismo puntò gli occhi su Trento, Trieste, Fiume e la Dalmazia, e il nazionalismo si alimetò della cosiddetta “passione adriatica”, il cui documento più alto è senza meno la tragedia la Nave di d’Annunzio.

 Durante la Grande guerra 1915-18, l’Italia non ebbe una politica estera e militare nei confronti della Dalmazia, paga della promessa di ottenerla alla fine dagli Alleati. Crollata l’Austria, la occupò, mentre divampava la questione di Fiume, che doveva divenire Città libera, ma venne occupata da un colpo di mano di d’Annunzio, e rivendicata, assieme alla Dalmazia stessa, dalla neonata Iugoslavia.

 Nel 1920 Giolitti, con il trattato di Rapallo, cedette alla Iugoslavia le città dalmate ormai quasi del tutto slavizzate; e mantenne solo Zara. Fece sgombrare Fiume, che per poco tempo fu Città libera. Nel 1924 il governo fascista ne ottenne l’annessione all’Italia.

 Fino al 1941 i rapporti tra Italia e Iugoslavia furono tranquilli. Belgrado all’inizio della Seconda guerra mondiale mantenne un atteggiamento favorevole all’Asse, ma poi parve inclinare verso la Gran Bretagna. Germania e Italia invasero la Iugoslavia, riuscendo facilmente a superare la resistenza delle forze armate, ma non a controllare il territorio.

 Questo venne diviso tra Germania, Italia, Ungheria e Romania. L’Italia si annesse Lubiana e gran parte della Dalmazia; e all’Albania italiana venne aggiunto il Kossovo. Venne costituito un Regno di Croazia con un re di casa Savoia, che mai vi mise piede.

 Il territorio fu teatro di una sanguinosa guerra di tutti contro tutti: guerra etnica, di Croati contro Serbi; guerra ideologica, tra comunisti, monarchici e fascisti; guerra contro l’occupazione italo tedesca. Avvennero da tutte le parti episodi di straordinaria ferocia.

 Dopo l’8 settembre 1943 le truppe italiane vennero eliminate da quelle tedesche; alcuni soldati italiani si unirono ai partigiani slavi; i più furono catturati. L’esercito comunista di Tito ottenne successi militari contro gli stessi Tedeschi, che si ritirarono, difendendo a stento le città dalmate. In Istria e a Trieste si unirono a loro truppe della Repubblica Sociale fascista.

 Negli ultimissimi giorni della guerra, i partigiani di Tito occuparono la Dalmazia e l’Istria, e la stessa Trieste per alcuni giorni. Qui giunse però un contingente inglese. Gli italiani di Zara e dell’Istria trovarono riparo in Italia in un numero calcolato in seicentomila.

 In questo quadro si svolse la vicenda orribile delle foibe, le cavità carsiche in cui vennero gettati, a volte ancora vivi, moltissimi italiani e per odio politico antifascista e nell’intento di eliminare ogni memoria di italianità.

 Nel Trattato di pace del 1947 l’Italia dovette cedere alla Iugoslavia, rispetto al 1941, Zara, Istria e Venezia Giulia. Trieste venne eretta in Città libera, ma di fatto la zona metropolitana detta A fu occupata dagli Inglesi; quella meridionale, detta B, dalla Iugoslavia.

 La Zona A e Triste tornarono all’Italia nel 1954. Il contenzioso per la Zona B è stato risolto solo con il Trattato di Osimo del 10 novembre 1975.

 Nel 1991 iniziò la dissoluzione della Iugoslavia, con un’altra serie di feroci guerre etniche e violenze di popolazioni e partiti. Ne derivarono la Croazia e la Slovenia, entrambe entrate nell’Unione Europea; sono divenute indipendente Serbia, Macedonia e Montenegro; incerta la situazione di Kossovo e Bosnia.

 L’Istria, tranne l’ex Zona B slovena, e la Dalmazia appartengono alla Croazia. Le antiche città italiane ormai conosciute con i loro attuali nomi slavi.

Ulderico Nisticò

 

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