Tranquilli, la mattina della scadenza dei termini verranno presentate a Soverato alcune liste elettorali con in testa i candidati a sindaco; e il 26 maggio una di queste, avendo ottenuto un voto in più delle altre, sarà anche vincitrice, le altre si divideranno i resti; qualcuno come al solito rimedierà una figuraccia, però prima avrà fatto divertire i pochi ascoltatori del comizio. Ovvio che succeda, e perché a Soverato c’è qualche brandello di partito, e anche, forse soprattutto, perché da Reggio da Catanzaro da Lamezia arriveranno le opportune telefonate per candidare questo o quello per me pari sono ma per il telefonante no. Perciò il 26 a sera Soverato avrà un sindaco, una maggioranza e delle opposizioni: un fatto, diciamo così, meccanico, e che ha scarse probabilità di rendersi utile alla comunità soveratese.
Quello che manca del tutto è il fatto politico nel senso più squisito e nobile del termine. Silenzio siderale, e siamo, mentre scrivo all’8 febbraio.
Oh, non sto pensando ai nomi, che dovrebbero essere l’ultima questione; e nemmeno ai programmi, quei foglietti che si buttano giù in fretta e promettono la giustizia sociale e il ritorno ai (presunti e dai più solo immaginati) fasti della Magna Grecia; e, come concludono a Lucca “du’ ova”; penso a programmi veri, a un’idea per la città, e che sia fondata, realizzabile in tempi non biblici, presto e dando corpo al pensiero. Di ciò, a tutt’oggi, non si vede ombra, tanto da far pensare che idee non ce ne siano.
Dirà subito il solito scemo del villaggio: ma tu, che parli per gli altri, ne hai? Io certo che no, però le tengo per me, fin quando non posso fidarmi che qualcuno li pigli sul serio e voglia lavorare per attuarle. E poi, scusate, avete tanto bisogno di un povero pensionato professore di Lettere? Non contate tanti amici a Catanzaro, a Lamezia, a Reggio, deputati senatori presidenti intellettuali pagati? Li avete, vero? Chiedete suggerimenti, invece di amici da candidare non si sa per quali meriti.
Quanto alle teste pensanti di una città dove quasi tutti sono diplomati e almeno metà laureati pure, esse, a scanso di emicrania, riposano e non pensano. Dibattiti, zero; e da un po’ neanche le promesse di felicità garantita e obbligatoria dei progressisti anni 1970; anche l’antimafia segue cena sta a digiuno.
Ulderico Nisticò