Il calabrese troglodita

 RAI 1, in primissima serata, ha regalato a tutta Italia uno sceneggiato – gli esterofili dicono fiction – dal titolo L’assalto che tratta dei rifiuti tossici seppelliti da qualche parte per colpa della ‘Ndrangheta calabrese, che ormai sta a Milano eccetera. Va bene, sì, è un argomento come un altro, tipo Tangentopoli (quanti ricordano che, all’inizio, era sinonimo di Milano, la città delle tangenti?), tipo omicidi in famiglia a Como, tipo allagamento di Roma e prefetto che intima di non andare nella capitale d’Italia se piove, tipo treno ligure che sta appeso e nessuno lo toglie… insomma, c’è tutta la Penisola, isole comprese, che fa un po’ schifo; o tipo Mastrapasqua che aveva 25 stipendioni e oggi gliene restano solo 24, e vorrei sapere con chi divide… insomma, è una cloaca tutta l’Italia, e quindi anche la Calabria sia in Calabria sia quella di esportazione a Milano. A questo punto, ragazzi, poco mi cale che si giri uno sceneggiato i cui protagonisti sono dei delinquenti calabresi: sono in buona compagnia di politici e mafiosi e misteri e terroristi di ogni regione…

 Mi dà, e dovrebbe darci fastidio non che un calabrese sia rappresentato come delinquente. Se dalla poesia, dal teatro e dal cinema togliete la guerra, il crimine e gli amori sbagliati, resta solo la Vispa Teresa, a parte le versioni goliardiche! Mezza letteratura francese e due terzi di quella anglosassone rappresentano come feroci criminali dei cittadini di Parigi o Londra o N. York, e nessuno si scandalizza o si offende. Anzi, la mafia ha fornito al cinema americano due filoni di vastissimo successo: quello del Padrino, di tono tragico ed epico; e quello dei Soprano, sul filo dell’ironia.

 E allora, di cosa mi dolgo? Ma della grottesca immagine che in tv viene data del calabrese mafioso emigrato; della sua faccia tra buffa e scimmiesca e da semianalfabeta; dell’intonazione della voce, truce e ridicola assieme. Non è un criminale un ladro un assassino un truffatore, tipi umani non certo lodevoli ma enormemente diffusi da quando Caino uccise Abele e non è chiaro se anche Abele non abbia fatto qualcosa per meritarselo, e sono presenti in ogni canto del pianeta; il calabromilanese della tv è una macchietta, una parodia, una carnevalata: è l’idea che a Milano hanno di noi; e noi, noi, i Calabresi, facciamo di tutto per avvalorarla con i nostri piagnistei e l’antimafia segue cena.

 Se in Calabria ci fosse una classe politica dignitosa, se ci fossero degli intellettuali forniti non solo di cervello ma anche di gonadi, ora dovremmo pretendere che la stessa RAI mandi in onda, magari tra qualche mese, un film scritto da autori calabresi e girato in Calabria con la Calabria vera. Calmi, non vuol dire la Calabria cartolina o un’improbabile Calabria buona e mite e casta, mai esistita dai tempi del re Italo e pure prima; vuol dire una Calabria vera, con criminali veri, onesti veri, donne per bene e non vere, paesaggi gradevoli e paesaggi bruttini veri, eccetera. Vera, seria, tragica, forte, umana.

 Intanto, lo sceneggiato che fa zimbello della Calabria è uscito, e quando, indovinate? Poco prima della BIT, la Borsa Italiana del Turismo, quando tutti cercano di mostrare la loro faccia più interessante, più accattivante, più emozionante e magari eccitante, tutto pur di attirare turisti. Noi abbiamo permesso venisse vista in tutta Italia una nostra immagine pacchiana e troglodita. Congratulazioni, siamo davvero dei furboni.

Ulderico Nisticò

 

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