La Calabria, la cui storia inizia tremila anni prima che si chiamasse così, ha un immenso patrimonio archeologico di tutte le epoche; tre quinti sono ancora sotto terra, un altro quinto più o meno è emerso, un altro lo stiamo distruggendo.
L’anno scorso Sibari ha subito la seconda alluvione della sua storia: la prima per mano dei Crotoniati istigati da Pitagora, e fu nel 510 aC, l’altra per l’incuria e gli abusivismi eccetera.
Tre mesi fa una mareggiata mise a gravissimo rischio il tempio di Caulonia o Kaulon che dir si voglia, in Marina di Monasterace. Le onde raggiunsero il piccolo costone, erodendolo e minacciando di far cadere in mare una parte dei ruderi; e siccome in Calabria non si minaccia mai invano, ecco che una seconda mareggiata ha effettivamente buttato giù qualcosa, e presto butterà giù il resto, mosaico del drago compreso.
Tra la prima e la seconda mareggiata, gli interventi sono stati, nei fatti, zero. Di chi è la colpa? Ovviamente, come sempre in Calabria, di nessuno, e tutti, proprio tutti, se mai venissero sottoposti a un’indagine giudiziaria (se mai, se mai… ), sarebbero bravissimi a farsi la ragione: io ho scritto, io ho detto, io ho pianto, io ho gridato, io… e via con lo scaricabarile e la ricerca della colpa di qualcun altro.
L’opinione pubblica, l’università, i partiti politici, i giornali, i sindaci… muti! Già, mica è una manifestazione antimafia segue cena, precede lauto finanziamento! Gli intellettuali? In lista d’attesa per farsi nominare qualcosa di retribuito, perciò, mai dare fastidio al retribuitore.
Poi vi lamentate che la Calabria è l’ultima d’Europa.
Ulderico Nisticò