Prima delle elezioni la vivacità politica aumenta. E’ del tutto naturale, non un caso tipico di Soverato. Le notizie di incontri, piani programmatici o di intenti, di associazioni vecchie e nuove che riempiono i giornali con comunicati di varia natura, giusto per non far cadere l’attenzione sui propri scopi, si sprecano. Tutto plausibile. La politica è anche avere visibilità. Ne sa qualcosa Renzi, che sembrava dovesse cambiare il mondo e la cosa più rivoluzionaria che è stato in grado di generare è la “nuovissima” e democratica teoria delle liste bloccate… . Ma lasciamo perdere in questa occasione la politica nazionale e concentriamoci su quella locale.
I temi casalinghi ruotano sul presunto dissesto finanziario del comune, temuto e voluto a seconda dei punti di vista. Chi l’ha causato? Chiunque sia stato, è stato eletto, magari rieletto e magari ricordato con nostalgia. Tutti sono stati investititi dal consenso popolare. Meglio dire, forse, dei cittadini aventi diritto al voto. Chi è venuto dopo, anch’esso eletto, è stato sfiduciato dalla sua stessa maggioranza. Capita. Se Formigoni abbandona improvvisamente Berlusconi, non c’è da meravigliarsi che qualche assessore e consigliere di maggioranza di un piccolo comune sfiduci il suo sindaco.
Leggo di polemiche sulla questione dei rifiuti urbani e di altre questioni cui le ultime amministrazioni sono state chiamate a confrontarsi. Ed ognuno espone le proprie ragioni. In teoria pare ci sia un diffuso malcontento. L’idea, però, che ho (magari del tutto sbagliata) è quella per cui a Soverato (mi riferisco a Soverato perché è in questo comune che vivo e dovrei votare) quello che conta non è tanto il patrimonio di idee da proporre, quanto le clientele. Sia chiaro, non perché i candidati non avranno patrimoni ideali da proporre, tutt’altro. E’ che gli serviranno di più i patrimoni clientelari. Uso il termine “clientelare” non in senso dispregiativo (potrei avventurarmi in una veloce ricognizione storica sul valore delle clientele nell’antica Roma… ma evito, non è questo lo scopo dell’articolo), ma nel senso di una ponderata e efficace rete di amicizie e scambi di favori molto utile ai fini elettivi. In pratica, qualora avessi bisogno di affrontare delle questioni e dovessi recarmi in comune, un conoscente, se non un amico al posto giusto non è una cosa da disprezzare. Non che impiegati e funzionari comunali scaccino coloro che non hanno conoscenze… ma è del tutto naturale che un amico lo puoi disturbare in qualunque momento.
Pertanto, il cittadino che andrà a votare quali aspetti considererà al momento dell’esercizio del suo diritto di voto? Gli ideali? Una prospettiva di governo ben congegnata e intrepida a cui dare fiducia? Politici di comprovata esperienza che nei momenti difficili tirino fuori tutta la loro classe? Giovani intraprendenti, nativi digitali e figli del mondo nuovo? Oppure si voterà quel signore che è sempre stato disponibile a tutti quei piccoli problemi che circondano la pacifica convivenza nel mio quartiere? O quell’altro che è mio parente? O l’altro ancora che è riuscito a farmi anticipare una visita ospedaliera altrimenti avrei dovuto aspettare mesi? (la visita ospedaliera è un esempio generico e non una indicazione specifica di qualcuno).
Insomma è un dilemma. Voto di opinione (io la penso come quel candidato in quella lista), di appartenenza (sono iscritto a quel partito, chi altro dovrei votare?) o di “opportunità”? (scrivere di “scambio” come dicono i politologi … è brutto…).
Io, una mia piccola e semplice convinzione l’ho maturata. Non la esprimo in modo diretto, ma la traduco in una ipotesi: se non vi saranno questioni legali ad impedire talune candidature… saranno eletti, più o meno, gli stessi consiglieri comunali. Magari non sarà così. Chissà…
Francesco Raspa