Due premesse: 1.non ho niente contro le donne, e ritengo che se una donna sa governare è mille volte meglio di un uomo imbecille; 2.non mi riferisco specificamente alle polemiche di Davoli, ma assumo quanto vi accade come esempio di lucida follia.
Petizione di principio, per capirci: l’uguaglianza tra cittadini sancita dalla vigente costituzione non significa minimamente essi siano invece divisi per categorie di sesso, religione o altro, e che quindi si debba rappresentare, che so, un valdese, un biondo, una donna… Il concetto, in verità giacobino e liberale, della costituzione è che ogni singolo cittadino sia uguale a ogni singolo cittadino. Attenti, prima o poi altre “categorie” pretenderanno una percentuale. E sai le risate!
A proposito: una rappresentanza per corporazioni e categorie (di lavoro, s’intende) la vorrei io da buon fascista, vedi Camera del 1939; ma la costituzione attuale l’hanno scritta gli antifascisti, mica io, che, anche volendo, e non avrei voluto, dovevo ancora nascere.
La Legge Delrio è un classico dei “guastamestieri con buone intenzioni”; e, per applicare un presunto, ripeto presunto e sbagliato, principio, crea fastidi e disastri.
A Davoli, dove gli assessori sono quattro, se il 40% dev’essere di signore o signorine, esso 40% non fa due, ma uno e sei. Delrio non è forte in aritmetica, e non ha tenuto presente che i numeri dispari ancora ancora (5×4=20), ma i numeri pari giocano brutti scherzi. A Davoli non si possono tagliare le donne come nei circhi, non si può fare una giunta con una signora virgola sei per accontentare Delrio; ma o una o due, per il principio universale che un assessore, come qualsiasi essere umano, deve trovarsi in condizione di apparire intero e vivo.
A Davoli il sindaco dichiara di aver rispettato la legge, chiedendo a una signora di assumersi le responsabilità di assessore; e che la detta signora, debitamente interpellata, ha risposto di no per motivi senza dubbio onorevoli e legittimi. Se ciò risponde al vero, e sono sicuro sia vero, la folle Legge Delrio spero non preveda che la signora debba fare l’assessore per forza, costretta a ciò dalla locale Stazione dell’Arma, e condannata al rogo se per caso, invece che a passare carte in Municipio, venga sorpresa a passare il pomodoro a casa sua!
La stessa disgrazia, tra molte altre, tocca a Oliverio, il quale non solo deve barcamenarsi tra i meandri dello statuto, e poi sistemare le diverse zone geografiche, e accontentare le infinite correnti del PD, ma su sette assessori deve per forza trovare tre donne. E siamo a sette mesi senza assessori.
Tacito, oggi tornato di moda, insegna che “corruptissima re publica, plurimae leges”, tanto più uno Stato è corrotto tante più leggi si fanno. La frasetta, più o meno malamente citata, è nota. Molto di meno la spiegazione che ne dà il grande storico, il quale era anche giurista e avvocato: “non modo in commune, sed in singulos latae quaestiones”: le proposte di legge non si fecero più avendo in vista i principi e l’interesse universale (“in commune”) ma per accontentare persone o gruppi, “in singulos”. Nel nostro caso, le donne in carriera, nemmeno le donne in genere.
Ripeto che contro le donne non ho nulla; ma la Legge Delrio è folle; e se ne stanno patendo gli effetti funesti. Vedrete che di fatto cadrà in disuso come i tondini dietro le auto e i fari accesi di giorno…
Ulderico Nisticò