La Calabria di Anime Nere

animenere3 Il film Anime nere ha raccolto numerosi premi Donatello: nulla da eccepire, la Giuria avrà saputo fare il suo mestiere; e il mio parere di semplice e non entusiastico spettatore è puramente epidermico, non intendendomi io di tutti i fatti tecnici che compongono un buono o cattivo prodotto cinematografico. Perciò quanto qui scriverò dev’essere inteso come riflessione di un opinionista, e non un giudizio sul film; e di un calabrese preoccupato dell’immagine della sua terra. Rifletto, e vorrei far sapere al pubblico nazionale e internazionale:

  • l’ambientazione (detta dai provinciali location) è un paese abbandonato nel 1951 a seguito di alluvione; venne edificato alla peggio un paese detto Africo Nuovo che è senza alcun dubbio uno dei più brutti del pianeta, ma la sua è tutta una bruttezza anni 1950-60, non ha a che vedere con la tradizione calabrese, che, grazie a Dio, mostra tanti luoghi decisamente belli e città d’arte: così, per farlo sapere ad eventuali turisti;
  • una noticina etimologica per eventuali razzisti: Africo vuol dire dell’alloro (δάφνη – α, lafra, l’afra, afra), nulla a che vedere con il Continente Nero;
  • gli abitanti di Africo sono meno raffinati dei cittadini londinesi del quartiere di Kensington, ma senza dubbio meno rozzi dei cittadini londinesi di certi quartieri malfamati;
  • ivi si parla il dialetto locale come a Venezia e a Palermo, per non dire di Roma; ma siccome sono andati tutti obbligatoriamente alla Media, parlano anche quel fritto misto che in Italia oggi si chiama l’italiano, senza sottotitoli;
  • ad Africo, come in tutti i posti di questo mondo di Dio, ogni tanto splende il sole, e i colori non sono tutti grigi come nel suaccennato film;
  • gli Africensi mangiano la capra, ma non sta scritto da nessuna parte che se uno mangia la capra è barbaro e invece se mangia il fagiano è civile: e sarebbe interessante recepire nell’argomento il parere del fagiano;
  • nella storia di Anime nere ci sono alcuni morti ammazzati; non più delle mamme che recentemente hanno stecchito i loro figlioletti amati; degli studenti di Perugia; del cadavere trovato sul tetto della cattedrale di Potenza; degli infiniti ammazzamenti che alimentano la cinematografia americana con annessa pena di morte quando beccano il birbaccione, e gli spettatori siamo (quasi) tutti dalla parte del boia; eccetera;
  • a proposito, io ho tenuto una conferenza ad Africo, e non mi ha sparato nessuno, anzi ebbero la pazienza di ascoltarmi e la bontà di applaudire.

 Insomma, Africo non è la Scuola di Atene o un collegio di educande (pettegolezzi pruriginosi a parte, a quest’ultimo proposito), però manco un posto dove l’unica attività è l’omicidio fuori e dentro la famiglia. Ripeto che è bruttino, ma la colpa è del Genio Civile di quegli anni, non della mafia, che, nel 1950, erano quattro disgraziati.

 Questo per difendere la Calabria, che è come il diavolo, non così orrendo come lo si dipinge. Come sarebbe bello se ora, dopo il Giudice meschino e Anime nere si potesse girare in Calabria un film normale, una storia d’amore travagliato; un normale giallo non mafioso con assassinati e assassini ordinari; un qualche bell’episodio di storia classica, medioevale, brigantesca; una commedia simpatica… Un film con i colori veri, chiari; in italiano; con attori muscolosi e attrici carine, e costumi…

 Vi assicuro che c’è in Calabria chi sa concepire soggetti e sceneggiature, e chi sa condurre una regia. Non ci sono soldi per film come non ci sono per niente, ma si trovano, con un poco di fantasia. Oppure ci sono, e qualche destino oscuro ce li sottrae? Boh!

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