Un racconto ormai antico della nostra bella storia, quella del mare di oltre settant’anni fa. Quando i pescatori da Soverato e dalle altre piccole Marine veleggiavano o remavano verso le pescose Secche di S. Caterina, affrontavano le onde quasi nel buio, prima di scorgere la grande luce del Faro di Punta Stilo. Venne dunque accesa per loro una Lanterna nel luogo più visibile e quasi a picco sullo Ionio, la chiesa di S. Andrea nel paese che dal santo porta il nome.
L’imponente edificio, di giorno assai cospicuo, ha la facciata verso ovest e il monte, e l’abside verso est e il mare, come si conviene a chi dal mare venne. Andrea, fratello di s. Pietro, era pescatore; divenuto apostolo, percorse la Scizia e il Mar Nero, poi a Patrasso, nel Peloponneso, subì il martirio sopra la sua caratteristica croce chiastica. La venerazione, come abbiamo molte volte detto, è di origine bizantina, pari ai santi Agazio, Barbara, Caterina, Gregorio, Pantaleone, Teodoro e molti altri. A S. Andrea si canta un Officium in latino di origini molto antiche.
In quei tempi dunque il priore della Confraternita, Bruno Calabretta, chiese all’architetto Francesco Armogida che gli disegnasse il progetto per una statua di s. Andrea da collocare in vista delle onde; l’Armogida, con nobile ispirazione, concepì una palma, simbolo del martirio, e la realizzò con un abile gioco di mattoni. La statua è protetta da un baldacchino, e sopra, sormontata a sua volta da una croce, è posta la nostra Lanterna.
Si racconta – ma è da verificare – che il santo porti in mano un pesce, più esattamente una triglia.
I pescatori erano dunque grati e devoti a s. Andrea, e, resta un po’ vagamente nella memoria, si recavano ad ascoltare la Messa, credo nel giorno liturgico del 30 novembre.
Con la guerra del 1940 venne ordinato l’oscuramento (si chiamava proprio così) contro minacce dal cielo e dal mare; e la Lanterna non verrà più riaccesa.
Sarei lieto se, oltre agli amici che mi hanno aiutato a recuperare notizie, qualche anziano frugasse nella memoria; o magari si potesse, almeno una volta, rinnovare la tradizione.
Ulderico Nisticò