Più d’uno, incuriosito da una lapide, di cui diremo più avanti, mi ha chiesto notizie del castello di Soverato. Un castello?
Riepilogo: fino al 1881 la zona costiera del Comune di Soverato si chiamava Santa Maria di Poliporto; in quell’anno il capoluogo comunale venne trasferito sulla costa, con i nomi di Soverato Marina e Soverato Superiore, tuttora in uso.
Santa Maria di Poliporto era uno scalo, e abbisognava di un presidio. Le fonti riferite dal Caminiti parlano sia della torre posta sull’attuale Panoramica sia di una “torre fortissima”, che, a nostro ipotetico avviso, è il castello posto di fronte alla Piazza don Gnolfo.
Un castello? La parola, nella storiografia calabrese, è ambigua, e può riferirsi a un borgo bizantino fortificato (kastellion da kastron e castrum), come a un maniero feudale, come a una fortezza regia. Nel nostro caso, sarebbe un presidio statale con torri, e dei militari in difesa dei commerci dell’epoca.
Di torri se ne individuano a occhio almeno due: quella, diciamo, di Palm Beach; e quella alle spalle, in casa Coluccio; ma di un’altra, durante i lavori di ristrutturazione, è stata lasciata una piccola testimonianza, e insisteva sui gradini Torre; un’altra, o altre due, si trovano nel palazzo ex Gregorace. Lo testimoniano alcune fotografie degli anni 1930-40, in cui una torre è ben visibile.
Si sa che, nella Seconda guerra mondiale, vi alloggiava un presidio di fanteria, quello che nei primi giorni di settembre 1943 combatté valorosamente contro gli Angloamericani a Badolato.
Una radicale trasformazione dovette seguire al terremoto del 1947, e l’edificio ha subito un radicale riuso.
Notevole è una curiosità. Chi passa sotto l’arco che è fianco di Braxator si trova di fronte un muro che pare essere il contrafforte del castello; ed è coperto da un manto stradale che, per circa 70 centimetri, insiste sul vuoto, e si appoggia a Piazza don Gnolfo; lo si può intravedere anche da finestrelle dei bassi edifici adibiti a officine.
Il castello si orna di una lapide in latino, che, grazie alla cortesia del potente teleobiettivo di Gianni Gerace, sono riuscito a leggere, ma solo a metà, e spero poter leggere tutta. Non è soveratese, ma viene da Borgo Rosso, un piccolo centro ormai abbandonato che si trova in agro di Guardavalle. Era una baronia, e se ne intitolarono, nel tempo, i Garito e i Salerno; un ramo di questi ultimi, proprietario di parte dell’ex castello, la trasferì per memoria.
Appena mi riesce, la leggo interamente e la pubblico.
Ulderico Nisticò