Dopo martedì di Carnevale (carnem levare, Carnilovari) inizia la Quaresima con le Ceneri: “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem revertèris”. Ricordati, essere umano (homo è di genere comune, in latino) che sei polvere e in polvere ritornerai. Offro una cena a chi ha la faccia tosta di tentare di spiegarmi che quia è proposizione causale.
Un ammonimento, questa meditatio mortis, a dare valore sacro alla vita.
Quaresima significa quaranta giorni, quanti ne trascorse nel deserto Nostro Signore. Coraìsima, in dialetto, ed era rappresentata da sette penne di gallina, una per ogni settimana. L’astensione dalla carne era seria e totale, tanto che la “cuzzupa”, poiché confezionata con grasso e guarnita di uova, veniva preparata ma non consumata.
C’è si astiene da dolci e altri cibi. Si praticava a volte il digiuno assoluto di venerdì. Sappiate che il mio bizantino cognome, Nisticò o Nesticò, deriva dall’aggettivo νηστικός, detto di chi praticava il digiuno religioso volontario, la νηστεία; l’inedia è λιμός. Sappiamo di un santo Ieiunio onorato in Gerace, noto con un nome latino.
La Quaresima si concludeva con la Gloria, l’annunzio della Resurrezione. Allora, al suono delle campane, iniziava, nel Medioevo, il lieto risus Paschalis, a volte anche satirico; e si aprivano le casse dei cibi.
A Soverato Superiore, la cui Patrona è l’Addolorata, la chiesa resta “a lutto” fino a Domenica di Pasqua; e fino alla “Cumprunta”, l’incontro tra Gesù Risorto e la Madonna, messaggero san Giovanni Evangelista con il cartiglio RESURREXIT. Quando Maria depone il velo nero, appare in azzurro e viene incoronata, allora inizia la festa.
Per usanza antichissima, bisogna portare i Santi a Galilea, con una processione che un tempo passava da Mortara alla torre che ne prende il nome. Carlo V è una cartolina.
Doveva essere un ritorno all’antichissima Poliporto, prima che si salisse a Suberatum, e da lì a Soverato Superiore.
Ulderico Nisticò