Catanzaro, giovedì l’inaugurazione del primo congresso medico nazionale Giv

Medici e specialisti arriveranno da tutta Italia per confrontarsi sulle nuove frontiere della vulnologia

Givdott_battaglia CATANZARO – Le letture magistrali dei dottori C. Allegra (Roma) e S. De Franciscis (Catanzaro) inaugureranno, giovedì 5 febbraio alle ore 15.00, presso il Campus di Germaneto dell’università Magna Graecia, il primo congresso nazionale del Gruppo italiano vulnologi (Giv). Medici e specialisti arriveranno da tutta Italia, in Calabria, per confrontarsi sulle nuove frontiere della vulnologia: una branca della medicina relativamente nuova che si occupa della cura delle cosiddette ulcere o ferite cutanee croniche (circa due milioni di pazienti nel nostro Paese). Il gruppo di studio che fa capo alla “Giv” intende proporre e stimolare, nell’arco di tre intense giornate di lavoro, nuovi approcci di studio nel trattamento di queste lesioni. Nonostante i recenti progressi nel campo medico, infatti, il loro trattamento rappresenta un problema di difficile soluzione sia per i lunghi tempi di guarigione che per le frequenti complicanze, come le infezioni, che annullano i progressi di riparazione tessutale raggiunti e che sono gravate da trattamenti costosi e, spesso, associati alla perdita della capacità lavorativa. Lo scopo dell’evento è anche e soprattutto quello di approfondire gli aspetti clinici, diagnostici e terapeutico-riabilitativi nonché i percorsi ospedale-territorio dei pazienti affetti da ulcere croniche cutanee. Il congresso abbraccerà tre intere giornate di sessioni, sviluppandosi attraverso tavoli tematici, letture magistrali, dibattiti, gruppi di studio. Previsti oltre 100 relatori per 220 interventi programmati. Inoltre, 8 crediti formativi Ecm saranno riconosciuti ai circa 200 partecipanti già preregistrati. Il dott. Luigi Battaglia, presidente dell’assise Giv, ricorda che l’evento, vista la rilevanza dei temi trattati, è rivolto a tutte le professioni sanitarie, inclusi i medici di base. Il congresso si concluderà il 7 febbraio con gli interventi di chiusura dei “sette saggi”: C. Allegra (Roma), P. L. Antignani (Roma), G. Botta (Siena), S. De Franciscis (Catanzaro), V. Gasbarro (Ferrara), M. Greco (Catanzaro), F. Stagno D’Alcontres (Messina).

Scheda – Un esempio di gravi ulcere cutanee croniche: il piede diabetico

Le ulcere ai piedi costituiscono indubbiamente la complicanza più frequente che si manifesta nei piedi di un diabetico. La pericolosità delle ulcere è strettamente legata alla scarsa circolazione indotta dall’arteriopatia periferica del diabetico: non ricevendo la dovuta quantità di sangue, le ulcere faticano a rimarginare. Di conseguenza, si innesca un meccanismo a cascata che conduce ad emorragie e infezioni. Quando l’infezione si diffonde, il paziente corre il rischio di morte del tessuto (necrosi tissutale), dunque cancrena. In quest’ultimo caso, l’arto richiede l’immediato intervento medico-chirurgico, che prevede la somministrazione di antibiotici per uccidere i batteri, la rimozione del tessuto infetto e, quando necessario, l’amputazione dell’arto (o di una parte di esso) per evitare che il danno si diffonda anche nei distretti limitrofi. Il piede del diabetico, dunque, necessita di una cura molto particolare: anche la lesione che potrebbe sembrare insignificante, deve essere curata con la massima attenzione al fine di evitare gravissime complicazioni. Stime di questa patologia dicono che circa il 15% dei diabetici nella vita andrà incontro a un’ulcera del piede che richiederà cure mediche. Come anticipato in premessa, il problema più rilevante legato ad un’ulcera del piede nei diabetici è il rischio di un’amputazione maggiore, ossia effettuata sopra la caviglia; pur rappresentando la popolazione diabetica all’incirca il 3% della popolazione generale, più del 50% di tutte le amputazioni maggiori riguardano proprio i diabetici. Il fatto che più deve far riflettere è il seguente: su 100 diabetici amputati circa 84 hanno avuto come causa dell’amputazione un’ulcera del piede aggravatasi nel tempo. È quindi evidente che se si vuole ridurre il numero delle amputazioni è necessario migliorare la capacità di curare efficacemente e precocemente l’ulcera: questo è uno dei campi di studio della vulnologia che, per raggiungere questo obiettivo, opera per disporre di protocolli diagnostici e terapeutici nuovi e più efficaci in tutte le professionalità necessarie. I mezzi per ridurre le amputazioni, oggi, esistono ma l’ottenimento di risultati su vasta scala non può prescindere da una costante attività di ricerca tesa ad ampliare l’assistenza sul territorio anche attraverso la creazione di una rete di cura e prevenzione diffusa.

 

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