All’inaugurazione dell’anno giudiziario, ciascun togato sembrava proprio uno di noi quando, in treno per ammazzare la noia, con l’occasionale vicino parliamo male dei giudici, della loro inefficienza, dei ritardi, della mania del garantismo… ; però consentitemi che è tutta un’altra soddisfazione, sentirlo dire da giudici in toga rossa ed ermellino!
Un paio di loro hanno scoperto che la ‘Ndrangheta è infiltrata nel Nord e persino nel calcio, eccetera. Davvero perspicaci! Ci vuole occhio d’aquila e mente diabolica per capire che se un’organizzazione qualsiasi ha soldi e li vuole investire, non li investe certo ad Africo Vecchio, bensì a Milano, Tokyo, Londra… perché, come diceva l’antico, “sordi chiamanu sordi”, e in Calabria non c’è niente da guadagnare, a parte qualche miserabile pizzo.
Questa era la ‘Ndrangheta fino a mezzo secolo fa, una sorta di confraternita di stampo arcaico, il cui nome significava ed era “valentia di uomo”, ἀνὴρ ἀγαθός: gerarchia, disciplina, etica (moralità, è un’altra cosa), coraggio, e, all’occorrenza spietatezza; e poco a che vedere con il denaro sterco del demonio. Era una sorta di potere parallelo, tollerato dai diversi poteri statali dai Bizantini ai Savoia, perché alla fine giovava a mantenere l’ordine. In questo sistema trovava posto, se necessario e secondo strette regole anche formali, l’omicidio; ma erano tempi in cui tale orrenda attività umana non solo non destava granché di sensazione, ma veniva indicata come onorevole, donde il dovere di duello per nobili e ufficiali, e in qualche caso obbligatoria tipo delitto d’onore; per non dire di guerre e avventure, che occupano il 45% della letteratura: l’altro 45% sono amori sbagliati; il resto non lo legge nessuno. Nell’Iliade, per chiarire, si contano circa 180 modi diversi e molto puntuali di ammazzare il prossimo. Perciò la ‘Ndrangheta non uccideva di più che non facesse l’aristocrazia europea per ogni sospetto di corna e altre sciocchezze, anzi, paradossalmente, uccideva molto di meno e in maniera più razionale: che non è sinonimo di ragionevole! Questa è la ‘Ndrangheta storica, e nulla a che vedere, come s’inventò un Ciconte, con il brigantaggio; e nulla affatto con la delinquenza spicciola e una sorta di violenza innata come sproloquiò Lombroso; eccetera.
Negli anni 1960-70 qualcuno fece il gran salto di qualità con i sequestri: e ancora in una certa zona quando si accenna a strani arricchimenti, la gente si tocca l’orecchio in memoria di Paul Getty. Seguirono rapimenti cui lo Stato finse di reagire con l’occupazione militare della Calabria e in realtà pagava il riscatto per evitare guai e proteste. Seguì la droga, eccetera.
Il fiume di denaro che, ripeto, non poteva certo essere reinvestito in Aspromonte (con un solo ricatto si compravano tutta San Luca!), venne ripulito tramite banche e quell’associazione legale per delinquere che è la Svizzera, e rimesso in circolo, ovviamente in maniera legale. E qui, sulla scorta di Sofocle, Platone e sant’Agostino, ripeto per la centesima volta che legale non significa lecito, ma solo legale, cioè che rispetta una legge umana, fatta da gente qualsiasi e spesso collusa.
Ora è tardi per lamentarsi; e occorre un’azione a fondo; ammesso la si voglia davvero fare. Preliminarmente basta con l’antimafia di professione segue cena, e le marce e i lamponi e i temini e le orchestre finanziate da Stato e Regione: Regione che per un’attività culturale vera non ha mai un euro, ma per l’antimafia ha trovato nove (09) milioni di euro, circa diciotto (18) milioni di quondam lire. Poi ogni tanto la Laganà vedova Fortugno, già deputato antimafia, si becca un anno e mezzo di gattabuia per truffa, la Canale, la sindachessa di Isola, eccetera: e se indagassero meglio…
La ‘Ndrangheta è una cosa molto seria, amici miei, non quattro sanguinari che parlano in dialetto con i sottotitoli. Non è compito della scuola combatterla, anzi state certi che a riciclare sono commercialisti molto ben laureati, e non certo pastori sfuggiti alla leva scolastica! Sarebbe compito dei giudici e delle forze di polizia. Come devono fare, non glielo posso insegnare io che ero un mite professore di lettere. Oppure mi danno l’appalto con pieni poteri. Ragazzi, mi bastano e mi avanzano sei mesi come il dittatore romano; e se mi sbrigo prima, mi dimetto come Cincinnato: presto e bene.
Ulderico Nisticò