Nell’immaginario popolare della Natività di Gesù hanno un posto importante i “re magi”. Da un punto di vista simbolico, essi completano il quadro dell’adorazione, quindi anche della manifestazione di Cristo, l’Epifania: dopo i pastori, adorano l’Incarnazione anche i sapienti e potenti: un monito a riconoscere la Rivelazione come un evento per tutti, poveri e ricchi, dotti e ignoranti, ciascuno “secondo il proprio stato”, e ciascuno secondo il suo linguaggio. Quello dei magi è l’astronomia (astrologia, per gli antichi è lo stesso), cioè la filosofia del mondo; quello dei pastori, è il linguaggio dei pastori: diverso e di pari dignità. La novità rivoluzionaria del cristianesimo non è infatti affermare che anche i poveri e i servi sono esseri umani, una nozione che troviamo dovunque; ma che sono esseri umani, e non semidei, anche i re e i saggi, e devono esercitare le loro funzioni come un dovere.
Dei magi parla, tra i Vangeli Canonici, solo s. Matteo, vedendo in loro l’attuazione di alcune profezie dell’Antico Testamento; mentre dicono di loro varie notizie molti testi apocrifi. Magi sono detti, già da Erodoto nel V secolo, e riferendosi a tempi più lontani, i sacerdoti e sapienti dei Medi, poi assimilati ai Persiani. Questi, seguendo Zoroastro (Zaratustra), credevano alla lotta del Bene e del Male, e a due divinità in conflitto; incorporee e non rappresentabili, si manifestavano in cielo con gli astri. Si può vedere in questo anche l’influsso delle religioni mesopotamiche.
I magi evangelici, seguendo una stella, quella che si usa chiamare cometa, giungono a Betlemme portando doni simbolici di incenso, oro e mirra: per il Dio, per il re, per l’uomo che deve morire. Si presentano da Erode: questi era un idumeo divenuto avventurosamente re di Giudea, sottomesso all’Impero di Augusto. Teme la nascita di un rivale, e chiede ai magi di informarlo a questo proposito. I magi lo eviteranno nel loro ritorno. Erode ordina la strage degli Innocenti, cui Gesù sfugge, condotto da s. Giuseppe e Maria in Egitto.
Sembra certo che Erode, per sospetto di congiure, avesse fatto uccidere un figlio. Augusto commentò così, con una battuta in lingua greca: di Erode preferirei essere il porco (ὕς, hys) che il figlio (υἱός, huiòs). Gli israeliti, infatti, non mangiano carne di maiale.
Le tradizioni sui magi sono molte. La loro tomba si mostra sia a Colonia in Germania, sia a Milano. Secondo altri, essi non morirono mai. Io ho immaginato la loro vicenda sotto, forma di teatro, anni fa, a Squillace per l’Associazione PRISO. Mi sarebbe piaciuto ripetere la scena a Soverato, ma, come in tante cose, non ho avuto fortuna, almeno per ora.
LETTORE 01
I Magi che videro Cristo Bambino, che cosa mai accadde di loro dopo la Santa Notte?
LETTORE 02
Dicono alcuni che non tornarono ai loro paesi lontani, e l’incontro divino travolse la loro vita
CORO
E come potrebbe mai un uomo, di fronte alla luce di Dio,
guardare e rimanere sereno, e dimenticare nei giorni?
O contenere l’immenso e l’infinito nel petto,
essendo niente altro che un uomo?
Per questo è necessario divenga folle quell’uomo
cui appare la potenza divina,
e non possa, come accade a chi scorda,
lentamente trascinare i suoi giorni
ma debba seguire il destino e la devastazione del cuore.
LETTORE 01
E prima di lasciarsi e tornare, così disse Melchiorre a Gaspare e Baldassarre:
LETTORE 02
“Cosa farete, o re? Sarete ancora domani re e magi, dopo aver visto con i vostri occhi il Re di tutti i cieli?”
LETTORE 01
“E cosa farai tu, Melchiorre?”
LETTORE 02
“Io, rispose, ho due cuori: potrei mai io essere mago e re? E se non sarò io, chi mai reggerà il mio popolo, chi così saggio, chi così vecchio, chi così forte, chi così rispettato?”
LETTORE 01
E disse Gaspare: “Ed io? Non ho forse io il peso di un regno, di una famiglia, di una casa? Come potrei io dimenticarmi di loro?”
LETTORE 02
“O re, disse Baldassarre, o cosa credete? Molti altri come noi, molti meglio di noi sono rispettati, e forti, e vecchi e saggi e re e maghi. Infatti sono queste tutte cose di uomini, e molti altri intorno a noi sono uomini, e molto migliori. Noi soli invece abbiamo veduto Dio.”
LETTORE 01
“Non fu merito, Baldassarre, fu grazia.”
LETTORE 02
“E dunque quello che avemmo per grazia da Dio, per grazia dobbiamo renderlo agli altri uomini. Andiamo per il mondo, dunque, a predicare che Dio è tra noi.”
LETTORE 01
Così disse il re. E rispose Gaspare: “Perché agli altri uomini, e non ai nostri reami?”
LETTORE 02
“Non crederebbe nessuno, nei nostri reami. Direbbero, infatti: Non è forse questo Baldassarre, nostro re e mago, che abbiamo conosciuto peccatore e crapulone e lussurioso come tutti noi? Come può dire di aver contemplato il volto di Dio? Non prestategli retta, amici”.
LETTORE 01
“Bisogna dunque che altri, replicò Melchiorre, parli di noi ai nostri stessi congiunti e sudditi?”
LETTORE 02
“Così sono gli uomini. E andiamo.”
***
Queste cose dissero tra di loro i Re Magi, e presero ciascuno una strada per le tre parti del mondo.
Gaspare ebbe in sorte l’Asia e le terre dell’alba, e per lunghi anni attraversò i deserti e varcò le montagne, alla corte di re dell’India, nelle sterminate città dei Cinesi, tra le foreste di belve selvatiche, tra i ghiacci iperborei. Ad alcuni egli apparve un pazzo e un uomo pericoloso, ad altri un sapiente, ad altri un uomo sublime per aver visto con i suoi occhi Dio.
A tutti predicò la verità, sebbene non tutti, giacché troppo saggi o troppo sfiduciati, lo volessero ascoltare. Giunto agli estremi confini della terra, poiché era assai stanco, domandò al Signore di dargli la pace della morte. Ma Iddio non glielo concesse, e l’antico re è ancora vivo, e attende il ritorno di Cristo.
Le calde plaghe dell’Africa furono il vasto campo della predicazione del re Melchiorre, il quale percorse dapprima il paese d’Egitto e la costa fino alle Isole Fortunate, poi lo sterminato deserto, e poi sempre verso mezzogiorno, dove mai era giunto piede di uomo. Dovunque passasse, le genti ascoltavano la sua voce, e poiché erano uomini semplici, molti credettero che egli fosse stato al cospetto di Dio.
Egli si ritirò infine nel cuore di una selva, e lì si raccolse in tale fervore di preghiera da non avvedersi del tempo, e non è mai venuta la sua ora di morire.
Baldassarre prese verso il tramonto del sole, dove regnavano i potenti signori di Roma. Lo accolsero i Romani ora curiosi, ora speranzosi, ora timorosi, ora ostili. Egli vide che la grande città era troppo ricca, troppo vasta, troppo corrotta e troppo colta, e si sconfortò. Tuttavia attese, ed era molto vecchio, quando a Roma giunsero anche gli Apostoli Pietro e Paolo. “C’è chi sa fare meglio”, disse, e si diresse di là dalle Alpi, dove popoli giovani e selvaggi attendevano la loro ora per prendere il posto di Roma nella storia.
Lì predicò a quelle genti, e, in tarda età, ebbe in moglie una principessa, e per amore di lei volle non più morire, e potresti incontrarlo forse nelle strade e nelle città del nostro tempo.
***
I nomi tradizionali dei magi ebbero successo. Conosciamo un Melchiorre Gioia; una Gaspara Stampa; un Baldassar Castiglione del XVI secolo, ma anche il nostro Baldassarre (Sarro) Sinopoli, caduto ad Alamein.
Da Baldassarre volevano discendere i nobili provenzali De Bau, che gli Italiani chiamarono Del Balzo, e che un giorno furono anche signori di Squillace. Cavalieri crociati, essi levavano alto il loro grido di guerra: Au hasard, Balthasar, in ricordo dell’avo re e mago; e che oggi in Francia è un proverbio per chi deve rischiare.
Ulderico Nisticò