Epigrafe eversiva a Soverato

foto15 Domenica pomeriggio me ne andavo a piedi verso il Presepe di Poliporto (vi ho poi apprezzato alcune belle soluzioni scenografiche), e, come Orazio a passeggio da solo, meditavo nescioquid nugarum, qualche pensiero poco impegnativo; e come la strada, già 106 ionica, sia cambiata da quando io ero ragazzino. Via della Galleria era la statale; venne allargata; ci costruirono ai lati… ricordavo e cercavo tracce del passato. Ecco, all’altezza del civico 3 del corso, la pietra miliare con il numero 165: tanti sono i chilometri per Reggio Calabria; ecco le spallette di una volta, di cemento, bombate. Memorie di tanti anni fa, da bambino… E cosa ti vedo? Una memoria di quando non ero nato, archeologia politica assieme all’archeologia stradale: sopra una spalletta, ecco la scritta colpevole, roba da Legge Scelba e articolo XII delle disposizioni transitorie e finali: “Viva il Duce”; viva è stilizzato.

 Già, la strada arrivò a Soverato nel 1935, e qualche entusiasta pensò bene di inneggiare con una sintetica e futuristica epigrafe. Passarono gli anni, cambiarono i regimi, se la scordarono, è sempre lì; a fare compagnia a qualche scritta a inchiostro sui muri: inchiostro di prima della guerra, ragazzi, dura!

 Fate due passi anche voi, andatela a vedere, siate o non siate d’accordo: è un pezzettino di storia. Poi passeggiate fino alla ex COMAC ex Quarzo: lo fecero nel 1937. Altri tempi.

 Allora Soverato contava sì e no tremila anime, ed era tra i centri economici e produttivi del Meridione. Oggi…

 Ma torniamo agli anni littori. Il potere era diviso tra il podestà (sindaco nominato dal governo), Filippo Caminiti; e il segretario del Fascio, Peppino Scalamandrè. I due avevano battagliato agli inizi del regime, e di ciò restano memorie in alcune poesie di Vincezo Chiefari, fascista caminitiano. Notevole che il Caminiti sia stato l’unico podestà della storia soveratese; di solito le sostituzioni erano abbastanza frequenti.

 Erano molto presenti i monarchici, che facevano capo ai Lucifero, nobile famiglia di Crotone e con interessi anche nel nostro territorio. Donna Teresa aveva sposato don Diego Marincola, l’ultimo barone di Soverato; ebbero tre figlie: Enrichetta, che sposò Fausto Caminiti; Margherita, che sposò Francesco (Checchino) Carnovale, per anni podestà di Catanzaro; e una terza che visse a Genova.

 I Lucifero erano di antica nobiltà e di idee piuttosto progressiste, e non senza antenati giacobini e future frequentazioni di varia natura politica; don Falcone sarà ministro della Real Casa di Umberto II in esilio.

 Non mancava, secondo tradizione calabrese, una sinistra socialista, sia pure ridotta, in quegli anni, al silenzio dal fascismo: i Peronace e Filippo (Pippo) Caminiti, cugino e rivale dell’omonimo podestà; e fratello discorde di Fausto.

 Nel 1938 da Soverato passò in treno Mussolini, tra accoglienze solenni; due anni dopo, Vittorio Emanuele III in auto.

 Lambiva Soverato una provinciale, che nel 1935, dicevamo, divenne la 106; partiva, come oggi, da qui la 182 delle Serre. La ferrovia era arrivata nel 1875; negli anni 1920 da Soverato muoveva la Ferrovia calabro-lucana per Chiaravalle. Molto attivo era l’attracco, con un pontile di legno e uno di cemento; e la mitica boa.

 Funzionava già alla grande il Ginnasio salesiano, con internato e oratorio; fino al 1941 c’era solo la Parrocchia dell’Addolorata, ma già nel 1938 il direttore dell’Istituto venne nominato economo curato dell’Immacolata, l’odierna Rosario, che nel 1941 divenne Parrocchia autonoma salesiana.

 Qualche mano fascista tracciò in quegli anni l’epigrafe oggi eversiva.

Ulderico Nisticò

 

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