Più d’uno mi ha chiesto chi fosse questo imponente e barbuto e bellicoso personaggio che accompagna il mio ultimo articolo, e ve lo racconto subito.
Dal 15 al 21 gennaio 1921 si svolgeva a Livorno il congresso del Partito Socialista. L’ultimo giorno, i comunisti, di fronte alle eterne incongruenze e oscillazioni dei socialisti tra velleità rivoluzionarie a chiacchiere e accordi di fatto con i liberali, uscirono dall’assemblea, e, scelta altra sede, fondarono il Partito Comunista d’Italia (PCdI). Erano i più decisi, i più colti, i ferrati di marxismo, gli ardimentosi. Degli altri, uno che li aveva conosciuti bene, Mussolini, dirà qualche anno dopo: “Erano dei borghesi che provavano orrore del proletariato, e temevano una sola cosa, la rivoluzione”.
I comunisti erano, tra i capi, Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga e Nicola Bombacci. Il primo morirà di tisi dopo alcuni anni di carcere fascista, ma dopo essere stato espulso dal suo partito; Bordiga, processato dal fascismo ma assolto, fu emarginato dai suoi e morì in oscurità nel 1970.
Nicolò o Nicola o Nicolino Bombacci, nato nel 1879, amico personale di Mussolini, non lo seguì nelle scelte interventiste, e, dicevamo, fondò il PCdI. I fascisti lo temevano e lo ammiravano, e cantavano di lui “Me ne frego è il nostro motto, che m’importa di morire; me ne frego di Bombacci e del sol dell’avvenire… ”. Espulso anche lui dal partito, ma a dirlo, nel 1927, nel 1935 aderì al fascismo, incarnandone l’anima di sinistra e nazionalpopolare. Nei mesi della Repubblica Sociale fu tra i pochi vicini a Mussolini; si racconta che entrasse nella villa di Gardone cantando con possente voce romagnola “me ne frego di Bombacci e del sol dell’avvenire”.
Morì fucilato da partigiani a Dongo assieme ai gerarchi, tra cui Pavolini e il nostro Vito Casalinuovo. Dicono che gridasse “Viva l’Italia, viva il socialismo”.
Camerata Bombacci, PRESENTE.
Ulderico Nisticò