Il 23 novembre, il Beato Nicola Saggio da Longobardi sarà il primo Minimo ad essere proclamato Santo

23 Novembre 2014. Papa Francesco proclama Santo il beato calabrese Nicola Saggio da Longobardi (Cosenza). La sua vita, l’iter della canonizzazione e altro, in un ampio servizio dello storico p. Giovanni Cozzolino, dell’Ordine dei Minimi

San Nicola Saggio - 2Giovanni Battista Clemente, nacque il 6 gennaio del 1650 a Longobardi, piccolo centro della costa tirrenica in provincia di Cosenza, diocesi, allora di Tropea, ora di Cosenza-Bisignano. Primogenito di quattro fratelli e una sorella, dai coniugi Fulvio Saggio, contadino, e Aurelia Pizzini, filatrice.  Governava la Chiesa il Pontefice Innocenzo X (Pamphili), che aprì, proprio nel 1650 l’Anno Santo, indetto con la Bolla «Appropinquat dilectissimi filii» del 4 maggio 1649.

Il 10 gennaio del 1650 venne battezzato nella chiesa parrocchiale di Santa Domenica V. M., coi nomi di Giovanni Battista Clemente, che poi, al momento all’atto di prendere i voti mutò in quello di Nicola.

Gli atti dei processi canonici per la beatificazione di fra Nicola, ci dicono che, pur dimostrando fin dalla tenera età, una non comune inclinazione allo studio, le ristrettezze economiche della famiglia, non permisero a Giovanni Battista Clemente, di frequentare alcuna scuola. Apprese però degli elementi fondamentali ed imparò, in Religione, a scrivere il suo nome e cognome. Ma, se crebbe privo, senza sua colpa, di scienza umana, fu ricolmo ben presto di scienza suprema che, fece stupire i dotti di questo mondo. I pii genitori lo educarono alla virtù più con gli esempi che con le parole e il piccolo primogenito del Saggio, ben presto, imparò la difficile arte della mortificazione, non tanto come adeguamento alla vita povera della famiglia, quanto come mezzo insostituibile di ascesi, studiandosi, con l’aiuto della Grazia, di sintonizzare le esigenze del corpo con quelle dello spirito e preoccupandosi di fare vuoto nel suo cuore per dare posto a Dio solo. Ogni settimana si confessava dai Padri Minimi di San Francesco di Paola del convento di Longobardi; si comunicava nelle feste principali dell’anno; partecipava alla Messa ogni giorno. Teneva quasi sempre la corona tra le mani e spesso, nei brevi intervalli del lavoro nei campi, lo si vedeva appartarsi sotto qualche albero per far scorrere tra le dita la corona e contemplare i gaudi, i dolori e le glorie di Maria. Di indole amabile e gentile, di cuore generoso, si accattivava l’animo di chiunque l’avvicinasse.

Si istruì nelle verità della fede. Il 3 maggio 1668, gli venne amministrata la Cresima, nella suddetta parrocchia di Santa Domenica, dal vescovo di Tropea mons. Luigi de Morales, agostiniano spagnolo.

Nello stesso periodo si aggregò al ramo secolare, ossia come terziario dei Minimi, presso la chiesa del locale convento dell’Assunta, detto più comunemente di san Francesco di Paola. Ne frequentava le celebrazioni e ne attinse la spiritualità.

Fino a 20 anni circa, incominciando da tenerissima età, lavorò nei campi con il padre, in quanto le condizioni della famiglia, come già accennato, erano modeste. Edificava tutti con la sua vita cristiana, piena di evangelica pietà e carità verso i parenti, concittadini e compagni di lavoro. Nel 1670, contando 20 anni, Giovanni Battista Clemente, per la devozione verso San Francesco di Paola, ma soprattutto per seguire la sua vocazione, espresse il desiderio di entrare tra i Minimi. I Genitori, preoccupati per le conseguenze che la sua partenza avrebbe provocato sul bilancio familiare, da subito si mostrarono contrari. Irrevocabili nella loro posizione, il giovane, dopo l’ennesimo diniego, divenne cieco. Dinanzi a quell’inequivocabile messaggio, ai coniugi Saggio non rimase altro che dare il proprio consenso. Solo allora, Giovanni Battista Clemente, riacquistò la vista e gli fu possibile entrare nel proto-convento di Paola, in qualità di religioso oblato, nell’Ordine dei Minimi, fondato dal Santo suo corregionale San Francesco di Paola, del quale divenne fedele imitatore e saggio propagatore del suo spirito. Al religioso oblato incombevano gli uffici più umili nella comunità.

Il 28 settembre 1670, cominciò l’anno di noviziato, affidato alla guida del maestro p. Giovanni Paletta, nel suddetto proto-convento. L’Ordine era governato dal p. Sebastiano Quinquet; la Provincia di San Francesco o di Calabria “Citra” dal p. Isidoro Verardo; la locale comunità religiosa, dal p. Giacomo Corba.

Il 29 settembre 1671, pronunciò i quattro voti dei Minimi: castità perfetta, povertà volontaria, obbedienza e vita quaresimale, più la promessa solenne, equiparata a voto, di fedeltà all’Ordine, a motivo dei suoi incarichi in campo amministrativo. Da questo momento Giovanni Battista Clemente verrà chiamato fra Nicola.

Nell’autunno del 1671, fu inviato, e vi dimorò per due anni circa, nel convento di Longobardi. Svolse gli uffici di sacrestano, ortolano, dispensiere, cuoco, questuante.

Dal 1673 al 1674, passò al convento di San Marco Argentano, rimanendovi altri due anni circa, come ortolano e questuante.

Nel 1675, per un anno, dimorò nel convento di Montalto Uffugo svolgendovi gli uffici di sacrestano e portinaio.

Nel 1676,con nuova obbedienza, venne trasferito e dimorò circa un anno, nel convento di Cosenza, con le stesse precedenti mansioni.

Nell’autunno del 1676 fino a ottobre 1677, passò al convento di Spezzano della Sila, dove si occupò in uffici interni.

Dall’autunno 1677 alla primavera del 1679, venne richiamato a Paola-Santuario dal provinciale p. Carlo Santoro, che lo scelse per suo compagno o segretario nelle visite ai conventi della provincia religiosa di San Francesco.

Dal maggio 1679 ad ottobre 1682, inviato a Roma, su richiesta del Superiore Generale p. Pietro Curti, fu assegnato alla comunità del convento di San Francesco di Paola ai Monti, come compagno dell’anziano parroco locale p. Angelo da Longobardi.

Dopo la morte del suddetto parroco, fra Nicola Saggio, continuò nelle stesse mansioni col nuovo parroco p. Isidoro Villani, fino al 1684, anzi era anche in grado di impartire lezioni di catechismo, tanto che le mamme della parrocchia di San Francesco di Paola ed anche delle altre, con i dovuti permessi, gareggiavano a mandare i propri figli ad apprendere le verità della fede, dal fraticello dei Minimi. Era un vero collaboratore parrocchiale e come oggi ama raccomandare Papa Francesco, andava alle periferie e andava a soccorrere i poveri e gli infermi, perché «Il Signore è nascosto e presente nelle piaghe, nei dolori, nelle sofferenze di queste Persone, che sono la Carne di Cristo». Nel 1683, stando a Roma-Monti si recò pellegrino al Santuario di Loreto, per esprimere la sua pietà mariana alla Vergine lauretana e per intercedere in favore della liberazione di Vienna e dell’Europa cristiana dall’assedio dei Turchi. Governava la Chiesa il Pontefice Innocenzo XI (Odescalchi). Da Loreto, dove andò “buono”, il Beato, nel giudizio di tutti i suoi confratelli, ritornò “santo”. Si affidava alla direzione spirituale di p. Giovanni Battista da Spezzano Piccolo.

Alla morte dell’Oblato fra Pietro da Lappano nel 1684, subentrò nel suo ufficio di portinaio.

Dal 1687 al 1689, per il Beato fu un triennio di frequenti esperienze mistiche, come le estasi, specialmente nel contemplare il Mistero della Santissima Trinità.

Nell’ottobre 1692, venne rinviato al proto-convento di Paola, col beneplacito del Pontefice Innocenzo XII (Pignatelli). Partì col Provinciale neo-eletto p. Antonio Costantini; vi dimorò due anni, occupato, nel primo, come secondo sacrestano, e nell’altro come portinaio e per le pulizie del chiostro. Fu un biennio di particolare purificazione passiva.

Dall’autunno 1694, a quello del 1696, venne inviato a Longobardi per curare l’ampliamento e il restauro di chiesa e convento dei Minimi.

Nel 1697, fra Nicola ricevette da Casa Colonna, per volontà testamentaria della principessa Donna Luisa de la Cerda, il corpo di Santa Innocenza V. e M., per la chiesa restaurata, in Longobardi. Il 10 settembre vi si recò, via-mare, partendo da Fiumicino, e vi si trattenne pochi mesi per dargli degna collocazione in idonea decorazione artistica.

Morta Donna Luisa de la Cerda, Don Filippo Colonna passò a seconde nozze con Donna Olimpia Panfili, persona di grande spirito, di intelligenza non comune e di grande pietà. La Principessa Panfili ebbe un figlio, il principino Lorenzo, e volle che fosse tenuto al fonte battesimale da fra Nicola. Il Battesimo, che doveva celebrarsi nella Parrocchia dei Santi Apostoli, nella cui circoscrizione era la Casa Colonna, per espresso desiderio della principessa, si tenne alla parrocchia di San Francesco di Paola, ai Monti, a Roma. Per gratitudine al beato Nicola, la Panfili volle rinnovare, abbellire e rivestire di marmo la cappella di San Francesco di Paola, ai Monti.

Il Saggio, nel 1698, riprese ai Monti, in Roma, l’ufficio di sacrestano, insieme con altre incombenze della casa, del giardino e dell’orologio della torre campanaria. Morì il suo primo direttore spirituale, e si affidò successivamente alla guida di altri quattro esemplari religiosi della stessa comunità dei Monti: i padri Antonio Via da Celico, Francesco Riccardo da Rivello, Paolo Accetta da Longobucco, Alberto Gullo da Cosenza.

Nel 1699, fra Nicola fu addetto nuovamente alla portineria; conservava la cura della cappella del Santo Padre e Fondatore, titolare della chiesa regionale dei Calabresi in Roma; due volte l’anno effettuava la questua della cera per le solenni Quarantore e per la solenne festa del Santo.

Negli anni 1700-1709, fu occupato in tutte le suddette incombenze. Agli uffici di comunità aggiunse, come da anni, l’assistenza ai poveri, le visite agli infermi, e frequentemente, visitava le Sette Chiese di Roma. Frequenti furono le sue esperienze mistiche, come le estasi, specie nel contemplare il Mistero della Santissima Trinità, che proprio nel convento dei Monti, sede degli studenti di filosofia e teologia, spiegava ai Teologi il Mistero della Santissima Trinità, con competenza, non scientifica, ma con quella comprensione mistica, avendoLo, cioè, preso con sé e in sé e Lo comunicava  agli altri. I processi parlano di altre esperienze del Beato, come quella in cui si vide porgere da Gesù l’anello dei mistici sponsali, e la “trasverberazione” da parte di un angelo, con dardo infuocato.

A  gennaio del 1709, nel travagliato pontificato di Papa Clemente XI (Albani), fra Nicola fece la sua offerta vittimale per la Chiesa e perché fosse evitato un nuovo “sacco” di Roma. Infatti si temeva da un momento all’altro, un disastroso nuovo “sacco” della Capitale.

Il Papa cercò di impegnare tutte le risorse pastorali, spirituali e morali, per scongiurare e placare Dio irritato dalle colpe del popolo. E fu così, perché le preghiere e le penitenze di fra Nicola e di tanti figli della Chiesa, servirono allo scopo. In particolare il Santo Padre aveva ordinato che fosse trasferita l’immagine del SS. Salvatore del “Sancta Sanctorum”, in varie chiese, anche nella Basilica Vaticana. Aveva disposto pure che tutti i religiosi vi si recassero successivamente in devoto pellegrinaggio. Appreso del turno di veglia di preghiera, che ai religiosi Minimi fu assegnato per mezzanotte, vi andò anche fra Nicola, prolungandosi immobile e genuflesso per tutta la notte. Vi fece un freddo rigidissimo per la neve caduta abbondantemente, tanto che a fra Nicola ne procurò l’infiammazione polmonare risvegliandogli la pleurite, che negli anni precedenti, già otto volte ne era stato afflitto, ma l’aveva sempre superata. Questa volta lo scoppio dell’infermità lo obbligò a letto. Cominciandosi a spargere la nuova dell’infermità di fra Nicola, molti prelati di Curia e il fior fiore del patriziato si recarono a visitarlo. A partire dalla conestabilessa Donna Olimpia Panfili Colonna, i principi Don Filippo Colonna, Don Augusto Chigi, Don Giuseppe Mattei Orsini, il Rospigliosi e il marchese Naro, e il più assiduo di tutti il principe Don Marcantonio Borghese. Non mancò la visita del cardinale Savo Mellini. Il mattino del 2 febbraio 1709, giorno della tradizionale Candelora, fra Nicola fece la sua ultima confessione sacramentale a P. Alberto Gullo, suo Direttore di spirito, con straordinaria compunzione e dolore. Ricevette l’Eucaristia e l’Unzione degli infermi. Gli fu poi recata l’imbasciata del Santo Padre, che pregasse per lui e che, si ricordasse, in Paradiso, dei presenti urgentissimi bisogni di Santa Chiesa. Verso un’ora dopo mezzanotte dell’incipiente 3 febbraio, l’Oblato Minimo, prese il Crocifisso, Lo accostò alle labbra, ne baciò i piedi e stringendoLo al petto: “Paradiso! Paradiso!”, esclamò, e compose placidamente il volto per l’ultimo sonno, quasi un addormentarsi nel Signore. Si compivano 59 anni e 28 giorni di età, mentre la sua bellissima anima tornava a Dio, in perfetta pace.

Fra Nicola fu modello di religiosa disciplina a Maestri e a giovani Chierici, a religiosi ed a secolari, raggiungendo le vette della perfezione evangelica nel fervore teologale e morale.

Benché illustrato di insigni doni di orazione e di altri notevoli carismi, da risultare uno dei più illustri mistici del suo secolo, condusse vita di rigoroso ascetismo nella povertà, umiltà e penitenza e si distinse specialmente nelle virtù caratteristiche della spiritualità dell’Ordine dei Minimi, ossia della carità, nell’umiltà e nella penitenza evangelica.

Ecco alcune delle sue caratteristiche espressioni:“ Il Signore Gesù è venuto per salvare i peccatori dei quali io sono il primo”. “ Minimo peccatore”. “Il più abietto tra i Minimi”. “Io stupisco, diceva, nell’osservare come persone mi usano tante cortesie e mi dimostrano tanto amore e stima, mentre sono il più grande peccatore”. Non un peccatore, ma il più grande, perché quando il Signore illumina un’anima fa vedere la piccolezza del proprio essere.

La gente che l’avvicinava, soprattutto il Cardinal Colloredo, gli chiedeva: a che cosa servissero  allora tutte le preghiere che faceva, tutte le mortificazioni, (si batteva a sangue, specie sul campanile dei Monti, tanto che qualcuno lo vedeva con una bacinella e qualche straccio per lavare ed asciugare le macchie di sangue, ed usava i cilizi, che si conservano ancora), rispondeva: “A null’altro mi servono che ad avere conoscenza delle mie miserie e del mio nulla, ad avere la coscienza che sono il Minimo tra i Minimi, che sono un niente, sono un indegno, sono un luridume, ed ho bisogno di conversione e di Grazia”.

“Non posso più Signore non posso più, voi mi avete bruciato il cuore, che volete da me, io sono tutto vostro, voi tutto mio. Non c’è altro Dio mio che voi ed io, io con voi”.

 ITER DELLA CAUSA

  La sua fama di santità, già diffusa in vita, si estese ancor più rapidamente beneficando anche dell’incremento soprannaturale e frequente  dei favori celesti in seguito all’invocazione privata del suo patrocinio.

Le sue virtù ed il suddetto valido patrocinio mossero i Superiori dell’Ordine dei Minimi a chiederne ufficialmente l’introduzione della Causa di beatificazione nel 1716. Questa ebbe i suoi regolari processi canonici, ordinari ed apostolici, che si svolsero nelle rispettive diocesi di Roma, Cosenza e Tropea. Il tutto si svolse nell’arco di tempo, che va dal 14 dicembre 1720 al 17 settembre 1786. Ossia circa 66 anni.

Il decreto sull’eroicità delle virtù del Venerabile Servo di Dio fra Nicola da Longobardi è del 17 marzo 1771.

Il decreto sul riconoscimento di due miracoli è del 2 aprile 1786.

La beatificazione di Fra Nicola da Longobardi avvenne il 17 settembre 1786, da parte del Sommo Pontefice Pio VI (Braschi), nella Basilica Vaticana. Ma il 2 aprile di tale anno, il Pontefice Pio VI accompagnato dal cardinale Rezzonico, Ponente della Causa, dall’E.mo Archinto, Prefetto della S. C. dei Riti ed altri, si recò a San Francesco di Paola ai Monti, dove, dopo celebrata l’Eucaristia, ordinò, nella biblioteca del convento, la lettura del Decreto: “Fausto laeta successu …”.

Così colui che volle essere tutto di Dio, ed in tale donazione più utile agli uomini, cominciò ad essere pubblicamente venerato in varie Nazioni, dovunque l’Ordine dei Minimi ha avuto ed ha le sue Chiese e Conventi, e vi è tuttora venerato, avendo molti altari dedicati in suo onore. Il 24 dicembre 1972, la Parrocchia di Longobardi Marina (Cosenza) intitolata, per speciale concessione della Santa Sede a Sant’Antonio e al Beato Nicola Saggio, nativo dello stesso paese, fu inaugurata ufficialmente, ed affidata ai Padri Minimi, dall’Arcivescovo di Cosenza, mons. Enea Selis.

I concittadini del Beato, Lo venerano come il loro migliore rappresentante nella Chiesa Trionfante, come lo fu già nella Chiesa Militante; non solo, ma anche come l’esemplare prototipo cittadino, del bracciante cristiano e del religioso, che percorrendo la vita del Maestro Divino, la via dell’umiltà, della carità e della penitenza come offerta sacrificale, nel segno e nella realtà della croce arrivò alla vera gloria e gioia pasquale.

Per tale speciale devozione, per l’attualità del suddetto messaggio, della figura morale e spirituale e degli esempi specifici di esimie virtù evangeliche, trattandosi del concittadino più illustre e rappresentativo in esse, al quale la Chiesa ha riconosciuto l’autenticità delle virtù ed ha concesso col titolo di Beato l’onore corrispondente, i medesimi Concittadini, interpreti i loro qualificati rappresentanti, i Parroci e la Giunta Municipale, ma soprattutto l’Eccellentissimo Pastore della Arcidiocesi Cosentina, mons. Enea Selis, a cui si unirono il rev.mo p. Generale del tempo dell’Ordine dei Minimi, p. Andrea Lia e il Postulatore Generale dello stesso Ordine, p. Alfredo Bellantonio, presentarono supplica al Papa Paolo VI, per impetrare la dichiarazione ufficiale di patrono delegato il Beato Nicola Saggio sulla sua città natale Longobardi.

Il Santo Padre Paolo VI con Indulto Apostolico del 12 ottobre 1973 dichiarava il Beato Nicola Saggio Patrono Principale della città e del territorio di Longobardi.

Attualmente è in corso, nella fase Romana, la causa di un presunto miracolo attribuito all’intercessione del Beato Nicola da Longobardi.

Già sua Ecc. Mons. Salvatore Nunnari, Arcivescovo della diocesi di Cosenza-Bisignano, ha celebrato presso la Curia l’Inchiesta Diocesana, che si è svolta dal 24 maggio 2008 al 15 giugno 2009.

Il 13 dicembre 2012 si è riunita la Consulta Medica che ha ritenuto il caso scientificamente inspiegabile all’unanimità.

Il 28 novembre 2013 ha avuto luogo il Congresso peculiare dei Consultori Teologi.

La valutazione è passata alla competenza della Sessione Ordinaria degli Em.mi ed Ecc.mi Prelati, ossia dei Cardinali e Vescovi, che si è tenuta positivamente il 4 marzo 2014.

Giovanni Cozzolino

San Nicola Saggio - 1

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