Sotto l’aspetto urbanistico, la devastazione della Calabria avvenne, come in gran parte d’Italia, nell’immediato dopoguerra e fino agli anni 1960, con la costruzione di edifici e di interi paesi senza la minima idea di piani regolatori; e con uso di materiali di infimi ordine; e di una squallida bruttezza senza alcuna cura dell’estetica. Non mi fate elencare esempi.
Soverato sfuggì a questa iattura, e, rispetto a certi panorami del Reggino e del Crotonese, è nel complesso persino bella; anche se i suoi quartieri periferici denunziano anche qui la solita sconoscenza dell’urbanistica, attesa l’assenza di qualsiasi cosa che non siano stanze da letto. Ma almeno i casamenti non sono del tutto orrendi.
Da qualche tempo un po’ tutti stiamo recuperando anche quel senso del bello che guidava gli antichi anche quando dovevano costruire un fienile. Non sopportiamo più l’oscenità dei quartieri anonimi, e facciamo bene.
Perciò, se la rotatoria di Russomanno è senza dubbio utile, bisogna che sia anche bella: è la presentazione di Soverato per chi viene da sud. E siccome sappiamo che di questi tempi non c’è grasso che cola, per ora ci siamo ingegnati.
L’infaticabile Pietro Pileci, architetto del Comune; Rocco Chiaravalloti, il presidente dell’AVIS alla guida del furgone sociale; e chi scrive, sono andati ad Ariola di Gerocarne per farsi regalare da Calabria Verde duecento piantine. Venerdì 21 le hanno messe a dimora i bravi operai comunali con l’aiuto validissimo di due classi dell’Alberghiero, guidate dai professori Anna Maria Froio, Linda Lifrieri e Daniele Tommaso Mellace; si è aggiunto Aldo Perrotta di Legambiente.
Speriamo di continuare così, ma occorre un piano paesaggistico comunale che comprenda l’asportazione di eventuali brutture, la creazione di opportuni ornamenti e la dovuta manutenzione.
Ulderico Nisticò