Secondo la Banca d’Italia, la Calabria è l’ultima non rispetto alla Lombardia ma al desolatissimo Meridione: è ho detto tutto. Numeri da conflitto nucleare perso, c’informa la Banca d’Italia.
Ora, ve lo immaginate uno che, uscito dal medico e da analisi funeste, invece di correre a comprare le medicine, strilli di stare benissimo e se ne vada a fare il bagno di mare nel mese di dicembre sotto la pioggia? Direste che è matto, oppure che, destinato a defungere, preferisce illudersi di breve gioia negli ultimi istanti di vita.
Questo sta accadendo in Calabria, e nel Meridione in genere. A Bari imperversa Lino Patruno, con puntata anche da noi, il quale afferma che il Sud diventerà presto ricchissimo per sé e per gli altri. A Catanzaro e dintorni Pino Soriero, buon amico, sostiene che il Sud medesimo salverà non solo se stesso ma anche l’Italia e l’Europa. Rutelli, arrivato l’altro ieri, ci spiega che saremo presto felicissimi grazie a turismo e cultura. La Lanzetta, ministro di Renzi, dichiara che senza il Sud non si riprende l’Italia.
Ci sono poi gli ottimisti del passato, quelli che, in piena sbornia intellettuale, gridano essere stato il Sud la terza potenza industriale del mondo nel 1860. Bum!
Magari una piccola porzioncina di ragione ce l’hanno: in fondo, molto in fondo, il Meridione se l’è cavata per millenni senza conoscere mai le due grandi dinamiche della storia, che sono la ricchezza e la fame; e si stava benino. Qui erano tutti abbastanza poveri per non strafare, e abbastanza nutriti per non agitarsi. Magari potremmo recuperare un poco di agricoltura, allevamento, piccola industria; aggiungendo un turismo che non sia necessariamente arrangiato e di rapina.
Per fare questo, tutto serve tranne l’ottimismo infantile. Servono persone gravi e sensate; una classe dirigente non parassitaria; lavoratori volenterosi e intelligenti; una politica estera mediterranea. Servono analisi scientifiche delle risorse e della loro utilizzazione, quindi analizzatori che facciano il loro lavoro e non badino a compiacere il politicante di turno.
Lo so che quello che scrivo è meno piacevole delle proclamazioni di futuri splendori e magnifiche sorti e progressive, e che non riscuoterò applausi, e tanto meno, se ne facessi un libro, venderei copie. Pazienza, povera e nuda vai, filosofia.
Ulderico Nisticò