Nel buio di luna, i fantasmi riemersi dalla storia sfioreranno il nostro tempo, gli alberi fermi sotto il cielo d’agosto e la nostra incredulità alla vista di uomini, vivi solo per una notte.
Scolacium richiamerà uno ad uno i volti che neanche ricordiamo se non per nomi antichi stampati su libri, spaginati nella memoria.
“L’ultima notte di Scolacium”, il nove e dieci agosto, sarà uno spettacolo teatrale e musicale inedito, unico nel suo genere.
E’ un mondo vero che ritorna riapparendo a noi con le sue verità dimenticate, le voci mai udite e nuove storie fiorite dall’invenzione dell’autore Francesco Brancatella che libera così i confini del passato. Tutto potrà accadere, anzi accadrà; persino una storia d’amore mai esistita ma che nascerà e si consumerà tra i ruderi della basilica e quelle di un sogno perduto.
Ci guiderà in questo viaggio di secoli, più che il corpo, la mente di Cassiodoro, pensiero antico tra i più moderni, bianca figura, pacata e composta che nel lungo cammino della storia, torna per trasferirci in lontane vicende di più drammi umani.
Sono i primi anni del Mille ma non sembrerà vero perche’ vivremo anche noi, uomini di oggi, quello stesso momento medievale del quale ci sentiremo parte, immersi nelle stesse visioni e l’uguale tumulto che in quelle notti come l’aria, avvolgerà ovunque ogni cosa.
I colori saranno forti, i suoni possenti, le passioni devastanti, le note mai suonate. I fantasmi non saranno astratti ma vedremo come a volte possono parlare, piangere e soffrire, sperare e amare in ogni tempo e in ogni luogo.
Il Gran Conte Ruggero che costruiva bellissime chiese nel nostro Meridione, vedrà stavolta edificata seppur per incanto virtuale, anche la basilica a Scolacium e assisterà insieme a noi al suo crollo, mentre il suo corpo che altro non è se non una proiezione viva della memoria, sarà sfiorato da brividi freddi.
Gli passerà davanti l’incontro d’amore tra la sua Adelasia del Vasto e Boemondo, guerriero dalle forme di Policleto che sogna un impero impossibile. Lui neanche se ne accorgerà, vede e vive ancora trasognato la sua gloria, mentre la loro è una storia inesistente.
Boemondo I D’antiochia è l’universo Crociato che sotto questo segno ha perso, vivendo di vittorie apparenti e inutili alla conquista dell’impero d’Oriente. Eppure il fascino inquieto di guerriero, la bellezza dei suoi lineamenti e la sua pelle bianca torneranno intatti, nonostante le guerre, il sole del Sud e la sabbia dei deserti.
Il fuoco dell’amore di Adelasia per Boemondo nella storia inventata, illuminerà le ombre e apparirà insieme ai suoi compagni, forte, generosa e disperata nell’illusione di conquistare un cuore e Bisanzio. Per questo si vestirà preziosamente per andare incontro al desiderio che la impoverirà di ogni cosa, persino del ricordo della sua storia vera.
In questa trama, dove lo sceneggiatore Francesco Brancatella ricompone soprattutto pezzi della nostra storia, la fantasia fa giungere dal Nord Morgana la fata-strega che piange d’amore per Ruggero, odiando sè stessa e la condanna a non morire mai, perché fatta d’aria, di niente, di sfuggente acqua vaporea che come una lente ingrandisce ogni cosa, anche i sentimenti, avvicina le terre, ma solo per finta.
Sarà visibile anche lei mentre si aggirerà cantando diabolicamente tra le foglie degli ulivi secolari, passando tra la nostra coscienza dove risiedono le parti più vere di noi. Impreca e geme di dolore mentre la sua anima corvina come le vesti, rimarrà da quella sera in poi ad aspettare per sempre con brama e speranza, amore e morte ad ogni nuova alba.
E noi che dopo tanto vedere e sentire, per un attimo saremo solo emozioni sospese, ci domanderemo se siamo vivi o morti, ma dovremo pur andar via; non lasceremo interi però Scolacium.
Mentre i personaggi intanto si dissolveranno in spiriti indefiniti e torneranno ad essere lontane figure storiche, un pezzo della nostra anima, la sagoma trasparente della nostra presenza, resteranno accanto a loro.
A vegliare il silenzio che riscenderà, le stagioni che non ritorneranno, altre che arriveranno, le pietre e le rovine sotto cui giacciono i loro destini con le nostre origini. E andando via non saremo più gli stessi.
Vittoria Camobreco