Una grande lezione dei Greci antichi, spesso dimenticata, è che la cultura non è un’operazione per depressi e solitari, bensì un fatto comunitario e perciò politico. Le tragedie venivano rappresentate durante le Grandi Dionisiache, e in luoghi costruiti con perizia per accogliere spettacoli; e le spese, evidentemente pesanti, venivano assegnate per liturgia, cioè tasse, a cittadini facoltosi. I cori venivano cantati per le vittorie in guerra o nei giochi, per ricorrenze pubbliche liete e tristi, e i poeti esercitavano, con i coreuti, questo ben retribuito mestiere: beati loro.
Sgombrato dunque il campo da quadretti dolciastri tipo “Bohème”, vediamo qual è lo stato delle strutture culturali nella città di Soverato, località zeppa di istituti superiori di ogni specificità, e di laureati in ogni disciplina. Altissima è dunque la scolarizzazione, e moltissimi concittadini, presi uno per uno, sono persone assai preparate nella loro professione intellettuale; e leggono libri e giornali; e, nelle rare conversazioni private, si rivelano anche informate. Si svolgono spesso manifestazioni culturali di varia natura.
Difficile però è affermare che esista una cultura organica e interagente, e che incida sulle grandi scelte. E ciò anche per la cattiva utilizzazione delle strutture esistenti, che pure esistono.
La Biblioteca Comunale, della quale sono, in via provvisoria, il direttore, ho costatato che è rimasta a circa vent’anni fa, quando era assessore Adriana Lerro: da allora, grosso modo, manco un libro nuovo; e non parliamo di frequentazione. La Rizzo, bontà sua, ha ritenuto che io potessi fare qualcosa, e ci siamo inventati una specie di commissariamento della Biblioteca: tranquilli, il 5 agosto scade. Intanto, in ottemperanza alla delibera n. 40, ho trasferito armadi e libri dalla Sala consiliare, dove stavano male, alle stanze adiacenti, dove ci sarà spazio anche per consultare e leggere. Ho chiesto alle Biblioteche comunali di Davoli e Chiaravalle e alle Scuole del territorio di aiutarmi a creare un catalogo integrato a vantaggio di studiosi e studenti. Il tutto con il prezioso e volontario aiuto morale e materiale dei valenti ragazzi dell’associazione CAOS: basti dire che in due occasioni sono stati raccolti, per donazione dei cittadini, circa 400 libri, già collocati in Biblioteca. Organizzeremo convegni e incontri, e speriamo che i dotti solitari si scongelino per partecipare.
Il Teatro Comunale è una discreta struttura con un buon numero di posti. Negli ultimi anni era stato desertificato di pubblico, per l’evidenza che è il pubblico l’unico giudice del teatro, e se gli spettacoli sono di scarsa qualità e noiosi e piagnoni e in lingua sciatta, semplicemente la gente non rinnova l’abbonamento e non paga il biglietto. “Mediocribus esse poetis non homines, non di, non concessere columnae”, dice Orazio: e tanto meno i botteghini.
La rassegna “Salviamo le palme”, voluta dal Commissario Rizzo e dal Comitato Eventi, gestita con caparbia cura da Maurizio Paparazzo, ha riportato, quando più quando meno, gli spettatori sulle poltroncine; e ha indicato la strada: il teatro vive solo se gli spettacoli sono di qualità, tragica comica brillante epica canora che volete, ma solo ed esclusivamente la qualità. Giudice della qualità è il pubblico, non il telefonista catanzarese di turno, laico o ecclesiastico che sia.
Ora bisogna ragionarci sopra, e vedere se si può creare una fondazione o trovare altri modi per far vivere la struttura possibilmente con risorse proprie. E intanto, rimetterlo in sesto, perché presenta non pochi problemi pratici.
Diciamo dunque che Biblioteca e Teatro sono avviati a nuova vita. Speriamo; ma serve, come abbiamo spiegato sulla scorta dei Greci, l’organizzazione della cultura.
Ulderico Nisticò