Servizio del TG3 su Roccelletta, e raffica di bufale, chiamando in causa il solito, l’immarcescibile, il sempreverde, l’onnipresente Ulisse. Già, ragazzi, a conti fatti bisogna domandarsi se al mondo ci sono più posti dov’è sbarcato Ulisse o più case dove dormì Garibaldi o più chiese dove pregavano i Templari o più ciucci che volano. Calcolo difficile, ma credo che Ulisse si difenda benissimo: “Ceterum et Ulixen quidam opinantur longo illo et fabuloso errore in hunc Oceanum delatum adisse Germaniae terras, Asciburgiumque, quod in ripa Rheni situm hodieque incolitur, ab illo constitutum nominatumque; aram quin etiam Ulixi consecratam, adiecto Laertae patris nomine, eodem loco olim repertam, monumentaque et tumulos quosdam Graecis litteris inscriptos in confinio Germaniae Raetiaeque adhuc exstare. Quae neque confirmare argumentis neque refellere in animo est: ex ingenio suo quisque demat vel addat fidem”. Traducete Tacito, donne e uomini di cultura vaganti tra Soverato e Catanzaro e Cosenza e &: non siete tutti latinisti e grecisti? E se Odisseo è stato persino in Germania, figuratevi dalle nostre parti, direte voi.
Però, ragazzi, sapete che mondo corre? Che io la storia non la studio sui depliant delle proloco, bensì nelle fonti dirette. E avendo scritto un saggio su Roccelletta (Skylletion e Scolacium, in AA.VV: Borgia, Collana Città Calabria, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006), vi posso comunicare che tutte le fonti antiche (leggete il libro!) attestano la fondazione di Scillezio a opera di un ecista mitico, Menesteo re di Atene, o, più genericamente, degli Ateniesi: niente Ulisse, mai Ulisse. L’unico a fare cenno al figlio di Laerte è Cassiodoro, e con una prudente affermazione di “legitur”, senza assumersi responsabilità, come dire, raccontano, dicono… Cassiodoro fu in gioventù un grande uomo di Stato, in vecchiaia un dotto e teologo e musicologo e &, ma non certo uno specialista di mitologia greca e studi omerici. Comunque è il solo, e nel lontanissimo VI secolo dopo Cristo.
Se i Calabresi non fossero, come sono, dei bambinoni in cerca di fiabe consolatorie, la fondazione ateniese dovrebbe essere motivo di orgoglio più di tutti i miti più favolosi. Pensate, siamo parenti di Dracone, Pisistrato, Solone, Milziade, Temistocle, Aristide, Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Socrate, Platone, Fidia, Senofonte, Pericle, Demostene e infiniti altri sicuramente più importanti di un ramingo eroe, e che, a differenza del re di Itaca, esistettero davvero. Niente, i Calabresi hanno visto il film Ulisse con Kirk Douglas (anni 1950, fu il primo film della mia vita), e Ulisse dev’essere.
Fosse almeno un Ulisse unico, un Ulisse raro: ma questi signori non leggono libri e manco i giornali e non vedono neppure la televisione; o saprebbero che di posti dove hanno nascosto il Santo Graal e case dove dormì Garibaldi e spiagge dove sbarcò Ulisse ce ne sono a migliaia, e sono tutti – Graal, Ulisse e Garibaldi – tutti figli della madre di tutte le bufale: mio nonno era barone. Tutti gli Ulissi, con lo stesso ragionamento: i 17 giorni, l’ariete… ed eccolo a Cipro, Malta, Corfù, Inghilterra, America… la Luna.
Ora, che queste cose le spari il volenteroso locale privo di studi di latino e greco, e passi pure: ma un professionista, uno specialista… Qui mi cadono le braccia senza rimedio.
Almeno sapesse il mito: macché, un fritto misto di Cassiodoro e Virgilio e quella storia delle donne troiane che bruciarono le navi alla foce del Neto. Non è dunque una bufala, ma una mandria intera di bufale di diverse razze e capitate assieme per caso.
Ulderico Nisticò