L’ultima notte di Scolacium – Volti d’autore: Il Gran Conte Ruggero I D’Altavilla

Roger de Hauteville è un fantasma. E’ tornato nelle sue terre per “L’ultima notte di Scolacium”. Di giorno non lo vediamo anche se si aggira quasi incredulo nelle campagne abbandonate, sopra resti di torri, perché la realtà sovrasta la fantasia, e il mondo  visibile rimasto è solo un cumulo di pietre.

Ma le notti del nove e dieci agosto, lo vedremo, forte e vero, pur sempre fantasma. Era un normanno il Gran Conte che sapeva di tutto, persino conciliare nella sua Sicilia riti e chiese, d’Oriente e d’Occidente. E portava con sé un’anima barbara e un carattere allegro, il pensiero esteso e la forza racchiusa nella bellezza statuaria.

Ruggero I D’Altavilla, ritorna grazie all’opera di Francesco Brancatella, autore e sceneggiatore di una narrazione in cui non nasce urto dall’incontro tra fatti accaduti e seducente leggenda, ma si crea invece una nuova visione del mondo e degli uomini.

Nella notte dove tutto riappare, come un magico replicarsi del destino, Ruggero il Normanno racconterà a noi ma soprattutto a sé stesso, la grandezza delle sue gesta, la felicità delle sue conquiste, ricche, preziose di terre e di cieli, carichi di sole, lui che veniva dal pallido Nord.

E combatteva i saraceni, ubriachi di paura e paralizzati dal freddo nelle notti buie, davanti alle schiere normanne, signore della Sicilia e di un nuovo progetto di incontro tra lingue e culture. Il Gran Conte mosse insieme all’amata compagna Adelasia, le sorti dell’emigrazione al contrario: i franco-piemontesi nell’Isola a ripopolare luoghi e risollevare l’economia.

Era il marito maturo di Adelasia del Vasto, infatti, l’aleramica diseredata che nell’invenzione di questa opera, è odiata da Morgana, la maga innamorata e non ricambiata del Gran Conte: lui è votato ad un’altra, la sua bella Adelasia. E questo è un fatto di storia, un fatto vero.

Adelasia, tra gli ulivi di Scolacium è spiata a vista dalla fata-strega; convulsamente pianifica strategie politiche con Boemondo I D’Antiochia, nipote acquisito, figlio di Roberto il Guiscardo; insegue un destino d’amore che si svelerà, alla fine, illusorio e perdente:  è solo la sconfitta d’amore che unisce i destini di Morgana e Adelasia.  Adelasia non è di Boemondo come Morgana non è di Ruggero.

E lui spettro visibile e parlante, non coglierà quella trama d’amore che passa davanti ai suoi occhi, è come trasparente. Lui stesso che voleva costruire un regno che non esisteva, non riesce a vedere quello che egli vive cosi da vicino.

Continuerà invece, a ricordare la sua donna, i suoi castelli, le sue chiese, i suoi trionfi, e li ricostruirà con le parole fino ad ora mute nella sua memoria, e con la magia visionaria della ricostruzione virtuale dell’abbazia.

Francesco Brancatella che pure ha girato il mondo, sa di avere infine trovato qui, tra le valli di Ruggero, i laghi ritirati, il granito levigato dal vento, tutta la storia dell’uomo e dei suoi sogni universali, semisepolti sotto lo strato di terra calabra.

Ed è qui che ci racconta il tempo e gli uomini che hanno fondato, mattone su mattone, pietra su pietra, la nostra identità.

Vittoria Camobreco

Ruggero_I_D'altavilla

 

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