Adelasia del Vasto forse aveva gli occhi verdi. Nessuno potrà mai dircelo, non rimangono ritratti di lei, se non il volto che può dipingere la nostra fantasia e la storia tramandata. Poteva essere bionda come la stirpe dei Franchi-Sali da cui discendeva, e avere, forse, il volto delicato di porcellana che contrastava con il carattere deciso e volitivo.
La “contessa dei palermitani”, la “regina di Gerusalemme”, contessa di Calabria e di Sicilia, Adelasia era una donna forte e sapiente ma anche appassionata sognatrice. E’ così che appare nell’opera “L’Ultima notte di Scolacium” di Francesco Brancatella, autore e sceneggiatore di un’intensa storia nata dal complesso intreccio fra accadimenti reali e leggenda, verità e fantasia.
Qui l’affascinante nobile donna, madre del conte Ruggero II d’Altavilla, che sognò l’Oriente e un grande regno di pace e bellezza, per magia narrativa diviene una protagonista dai forti contrasti che giungerà tra gli ulivi del Parco e la mole imponente della basilica di Roccelletta di Borgia, in due notti d’estate, il 9 e il 10 agosto.
Impalpabile nelle sue lunghe vesti fluttuanti e con una luce antica sul viso, Adelasia vivrà, con tumulto e dolcezza, l’amore immaginato per Boemondo I D’antiochia, il barbaro dalle proporzioni di Policleto, come lo descrisse l’adolescente Anna Comnena, figlia dell’imperatore bizantino Alessio Comneno.
Grazie a questa fanciulla possiamo materializzare nella mente i tratti e la figura esatta, l’effigie di questo condottiero che in Scolacium raggiunge la sua amata, per tentare di coronare sogni di gloria e d’amore impossibili, come l’autore ha pensato, calandosi nel tempo della tragica leggenda.
Ma questa leggenda non è meno vivida degli eventi storici nei quali la contessa Adelasia agì, per amor proprio, dei figli, di un regno. Lei voleva unire sotto un unico palpito, genti di tanti colori e usi e lingue, ponendosi come trait d’union tra l’Occidente e l’Oriente tanto ambìto.
Ne “L’ultima notte di Scolacium”, la sua pelle bianca riverbererà i raggi della luna, accompagnando il pubblico nella sua Calabria, in un viaggio dal quale sarà difficile voler tornare, perché attraversa un passato in cui gli uomini e le donne appaiono più moderni e padroni di sé, decisi a forgiare il proprio destino. Come tutti noi tentiamo di fare, a volte riuscendoci, a volte no.
In Adelasia l’intelligenza più che la bellezza, creava i segni di un grande fascino, al quale i colori di Bisanzio di Sicilia e di Calabria, aggiungevano calore e luce ai suoi nativi e freddi colori del nord.
Adelasia del Vasto, ragazza, moglie e madre di re, ma a Scolacium solo tenera e quasi disperata amante, ci appare trasparente tra gli alberi secolari, devota sotto le mura della maestosa basilica, che come il suo sogno d’amore e potere, crollerà sotto il peso delle grandi ambizioni e delle guerre, degli uomini e degli dei.
La polvere delle macerie, cadendo, appannerà la luce dorata dei suoi capelli, che un incrocio di geni le aveva regalato; le cromìe cangianti del suo vestito di seta bizantina, diventeranno opache come il buio di una notte senza luna. Muore due volte la dolce Adelasia, nel 1118 e ora nel 2014, a Scolacium. E morirà tutte le volte in cui l’uomo rinuncerà ad un sogno.
Nell’immaginare tutto questo, non si può non pensare quanto il narratore, Francesco Brancatella, inviato speciale Rai del TG1, abbia fruito della sua calabresità, nell’identificare un pezzo di storia calabrese a cui egli stesso appartiene.
Vittoria Camobreco