Accade che, a volte uomini e storie ritornano. il movimento delle fronde di ulivi secolari si allunga sull’erba, accarezzata dal sole pallido e dal vento marino di Scolacium. E’ una brezza che porta le voci della storia, di genti vere e immaginarie che sembra quasi di intravedere: segno incancellabile di un’anima chiamata Calabria.
Ma non è suggestione. Questo luogo amplifica lo stato percettivo dei sensi e della memoria storica di chi è nato in Calabria. E’ probabilmente la condizione giusta per capire la forza e il tumulto che ha generato una delle più belle opere narrative mai scritte da un calabrese.
Parlo de “L’ultima notte di Scolacium” di Francesco Brancatella, giornalista inviato speciale Rai del TG1, calabrese di San Vito sullo Ionio. Nel riflesso dei colori tutti mediterranei di questo racconto, c’è un passato secolare che nessuna competenza culturale e tecnica, da sola avrebbe potuto produrre; qui il ricordo storico si trasforma in poesia di feroce bellezza.
E’ un viaggio nel tempo, solitario ed emozionato; il palpito di una notte a Scolacium che ha chiuso secoli di vicende e amori e colori e mondi, collocandoli in quel luogo quasi sconosciuto della generosità umana e culturale, di cui l’uomo è spesso avaro anche perché ne è privo.
L’emozione che trasmette questa difficile opera, intrisa di mondo reale e di eventi leggendari, restituisce personaggi e vicende che diventano protagonisti di una nuova verità romanzesca che intimorisce e stordisce.
Già nel testo si ha come la sensazione di vedere i colori delle loro vesti, che grazie ai costumi della storica azienda Tirelli di Roma, saranno realizzati da Flora Brancatella sorella dell’autore. Sono i colori di Bisanzio, i broccati e le sete dell’antica città imperiale, i visi e l’odore della gente che li indossò, il verde della speranza che questa storia vuole ancora dare, a noi calabresi, perduti e a volte sperduti nell’idea sbagliata di un destino nemico deciso per noi, ma non si sa mai bene da chi.
Nel fuoco delle passioni e delle ambizioni, L’ultima notte di Scolacium, farà dialogare idealmente i calabresi di oggi con i protagonisti lontani di una delle pagine più affascinanti e universali della nostra storia, archetipo di un sogno umano: l’amore e il potere, la vittoria e la sconfitta, che spesso hanno determinato le sorti di singole persone prima , e di interi popoli, dopo.
Guardando la luce della storia tra le vestigia della basilica, qui a Scolacium, sembra di vedere apparire speranze e dolori di un mondo reale, intravisto da Francesco Brancatella, che per mesi, ha ricomposto pezzi di storia mancante, come lui ama dire, non solo della nostra regione ma anche del proprio codice genetico storico, per inseguire il quale, ha ricostruito nella propria fantasia, un ritratto dell’identità calabrese perduta.
Passione, sapere, volontà, sentimento, bellezza. Che dobbiamo ritrovare, in noi e in ciò che ci circonda ma di cui non ci accorgiamo più, se non andando via da qui. Portando però, quando si torna, uno sguardo nuovo che coinvolge grandi sensibilità artistiche come quella di Cristina Mazzavillani Muti, regista dell’evento, e di Nicola Piovani, compositore delle musiche di scena.
L’ultima notte di Scolacium che vivremo il 9 e il 10 agosto, è la prima di tante notti e di tanti volti che hanno l’ambizione di ispirare il disegno di una mappa che tenta di ricomporre alcuni pezzi non ancora rintracciati della nostra storia in Calabria, quell’identità collettiva nuova che ci permetterà di leggere ciò che siamo stati e che adesso siamo, nel bene e nel male.
Vittoria Camobreco