Come un vecchio articolo sia finito in mano al gentile lettore Luigi Arista, non lo so, e mi lusinga che dopo anni abbia deciso di criticarlo: forse è le perennità delle diatribe letterarie. Ma io sono una mente semplice, strano risultato psicologico che si ottiene così: conoscere qualche milione di nozioni, e non credere ad almeno il 70% delle medesime, anche di più. Sono così rimasto convinto che “e cominciò: Ave Maria cantando” del III Par. vada letto tutto assieme e non “e cominciò: Ave / Maria cantando”; e che, a parte l’esigenza di rima (i grammatici greci dicevano, per roba del genere, metrikè ananke; Baudelaire deprecò le colpe della rima), Dante volesse dare l’idea della dissolvenza della figura evanescente di Piccarda: “e cantando vanìo”. Ma continuare sarebbe accendere “una di quelle questioni di letteratura e filosofia che potrebbero continuare all’infinito perché ciascuna delle due parti ripete i suoi argomenti con altre parole”, sorride il Manzoni. Perciò ognuno si faccia gli enjambements suoi, e amici come prima. Ah, resto sempre convinto che buona parte della poesia del Novecento sia una specie di prosa andando arbitrariamente a capo ogni tanto: ma una mente semplice come la mia più di tanto non capisce; e mi fa sorridere – uomini di spettacolo per uomini di spettacolo, ma almeno lui è un collega grecista – una canzone di Vecchioni sui poeti e i cantanti e i poeti che metaforando riducono la mela al torsolo, cioè a niente. Ma Vecchioni è un reazionario senza saperlo, come tutti i classicisti, tranne me che lo so e ne godo. Se non ricordo male, in quel mio articolo io lodavo Benigni per aver reso popolare Dante; e anche per averlo interpretato come a scuola, senza intellettualismi e senza politicamente corretto. Ne criticavo il modo di recitare, e spero sia lecito. Come spero sia ancora lecito, nella repubblica delle lettere, dire male o bene di chicchessia senza mostri sacri di turno. Cecco Angiolieri derise il suddetto Dante, e con un tale spiritaccio che quel sonetto è una delizia! Il Leopardi, quando lesse i Promessi Sposi, non so quale versione, concluse: Mi aspettavo di meglio. Il Carducci ne disse di peggio. Callimaco se la pigliava con Apollonio Rodio. Orazio piglia, secondo me giustamente, per effetto di depressione la poesia di Tibullo. Catullo deride Cicerone. Eccetera. Per carità, Benigni è una degnissima persona: ma non è Tibullo, Cicerone, Dante, Manzoni… è un attore piacevole in alcuni film, meno in altri, come è banale; quando la battuta è debole, e succede spesso, supplisce con una mimica che può anche non piacere come a me non piace, e spero sia lecito. Ho visto con gusto i primi film, poi basta, e non ne vedrei altri: ammesso che io vada al cinema. Anche questo spero sia lecito. Cosa renderebbe esente da critiche uno qualsiasi, Benigni incluso? Francamente non credo che Benigni abbia in cura quelle cose complicate che Arista ci ha insegnate e che io, dopo diverse riletture, forse capirò; continuando tuttavia a pensare che, faccio un esempio mio, quando io in “Resurrexit” scrissi l’emistichio “a me ora lacera l’anima” ho dato vita niente di meno che a una doppia allitterazione di emme e di elle / erre, sicuramente di grande effetto musicale, ma altrettanto sicuramente da me composta per purissimo caso, come mi venne, e in tutta fretta perché ci serviva finire il testo; e di aver scritto ben due allitterazione mi accorsi dopo. Coraggio, ragazzi, anche Omero (o chi per esso), quando iniziò l’Iliade con la parola “menin” usò un accusativo ma non aveva la minima idea che lo fosse e che esistesse un accusativo; forse Saffo sapeva che “thèoisi” era dativo plurale nel suo dialetto eolico invece di “theòis”; certo i Settanta che tradussero la Bibbia conoscevano bene la grammatica, quando resero in greco la grandiosa immagine di Dio che aleggia sulle acque: e così abbiamo accontentato il Sublime e il suo anonimo autore. Già, quelli che creano il sublime di solito sono anime semplici e ignorano la grammatica e tutte quelle altre cose complicate. Credo che anche Roberto Benigni non passi molto tempo a studiare strutturalistiche teorie. Via, è un attore, fa un altro mestiere. Sutor, ne ultra crepidam…
Ulderico Nisticò
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