Nonostante tutto, c’è ancora speranza in questo Paese. E se a dirlo è il generale Umberto Rapetto, probabilmente c’è da crederci. L’ex ufficiale della Guardia di Finanza, oggi a capo dei progetti speciali di Telecom Italia, ha raccontato la sua storia, umana e professionale, nel corso di una applaudita e partecipata lectio magistralis che ha avuto luogo mercoledì scorso, 6 novembre, presso la sala convegni dell’Itis Scalfaro di Catanzaro. Una relazione lunga e articolata, la sua, svoltasi nell’ambito dell’iniziativa “Non giocare con i tuoi soldi” promossa da Confesercenti Calabria e Confindustria Catanzaro nel contesto del tour itinerante di Telecom Italia “Anche io ho qualcosa da dire”. Tema centrale dell’incontro, il fenomeno devastante del gioco d’azzardo in Italia. Una febbre che continua a diffondersi coinvolgendo milioni di persone, tra cui tantissimi adolescenti già finiti nel vortice della ludopatia. Numeri spaventosi se commisurati al danno provocato in termini sanitari e di risorse sottratte all’economia reale, con conseguente corollario di povertà familiare, indebitamento, usura, intrecci con la criminalità organizzata e conflitti d’interesse ai più alti livelli. “Giochi sporchi”, verrebbe da dire, che Umberto Rapetto ha pagato in maniera bruciante sulla sua pelle. E’ lui l’uomo che, a capo del Nucleo speciale anti frodi telematiche della Fiamme Gialle, ha fatto infliggere una mega multa da 98 miliardi a dieci società concessionarie del gioco d’azzardo. Una indagine che ha fatto emergere tutti i più inquietanti risvolti di un business tutt’altro che etico e produttivo, oltre che poco remunerativo per le casse dello Stato. Una indagine che, però, probabilmente, gli è costata il posto. “Hanno cancellato la mia vita” ha rimarcato più volte Rapetto, sollecitato dai numerosi interventi del pubblico, ricordando la sua rimozione forzata dalle alte sfere militari, guarda caso proprio al termine della sua scottante inchiesta sui re dei videopoker. In sala erano presenti il questore di Catanzaro, una nutrita delegazione del comando regionale della Guardia di Finanza, ufficiali dei carabinieri, esponenti delle associazioni e del mondo dell’impresa. “Rumorosa”, invece, l’assenza del mondo politico del capoluogo, evidentemente affaccendato in tutt’altre faccende. Una buona occasione persa per chi ha la responsabilità di gestire la cosa pubblica. Moderato da Francesco Pungitore, il dibattito ha registrato la significativa partecipazione delle giornaliste Emanuela Gemelli e Terry Boemi, che con le loro domande hanno animato una discussione di alto profilo e ricca di spunti di riflessione, mentre sono stati particolarmente incisivi e apprezzati i contributi offerti sul tema dall’imprenditore soveratese Giovanni Sgrò, più volte chiamato in causa perché da diversi anni impegnato anche nel sociale e nella sensibilizzazione culturale su temi così delicati e complessi. Rapetto ha messo in evidenza la lotta, a tratti, impari contro i giganti delle slot che, oggi, muovono un giro di svariati miliardi di euro nel nostro Paese. Ma si è detto anche fiducioso sul ruolo positivo dei processi educativi dal basso, partendo dalle scuole, dalle nuove generazioni, cui va detta la verità, tutta la verità, per una presa di coscienza etica sui percorsi da seguire per superare il decadimento morale di questo preciso momento storico. Resta, oggi, la drammaticità di un fenomeno enorme per l’Italia, nazione in crisi profonda che, però, paradossalmente guida le classifiche europee nella spesa per il gioco d’azzardo. Siamo chiaramente all’allarme sociale, vista la mole enorme di denaro impegnata e i danni sanitari, sociali e morali che tante famiglie pagano giorno dopo giorno. A tutto questo, come se non bastasse, va aggiunto un ulteriore tassello. La criminalità ha trovato, nelle slot, un sistema ideale per riciclare il denaro sporco. La nostra è ancora una Repubblica fondata sul lavoro o si sta trasformando in uno Stato “biscazziere”?