Domenica a Chiaravalle ho dato, con Tempo Nuovo e a Gregorio Tino in veste di musicista, uno spettacolo in onore delle donne: non certo zuccheroso e retorico, non buonista o politicamente corretto, ma pieno di rispetto e considerazione. Ho la massima stima per le donne in tutti i ruoli, e di ciò ho fornito ampia prova e nella mia vita personale e professionale (ho una moglie e due figlie; ebbi una grande preside, una delle pochissime persone al mondo cui io abbia sempre obbedito!), e nella vita pubblica (sono al servizio del Comune da quando c’è commissario la dottoressa Rizzo), e nella produzione letteraria (leggete qualcosa). Sono dunque al di sopra di ogni sospetto di quell’atteggiamento che con inelegante parola si chiama sessismo. Se dunque domani la presidenza della Repubblica eccetera andassero a una donna, io approverei o condannerei la signora non in quanto donna ma in quanto presidente eccetera, esattamente alla stregua di un maschio. Non è ovviamente vero che un governante donna sia migliore di uno maschio in quanto una donna e l’altro in quanto maschio o viceversa: sono le cosiddette cose che si dicono; nel nostro caso possiamo chiamarle boldrinate.
Ciò premesso, esprimo ogni più netta contrarietà alle quote anche dell’1%; per i seguenti motivi:
– da sempre tutte le liste a qualsiasi cosa hanno compreso una o più donne per la furbata che così si pigliava il voto delle donne: invano, perché se c’è una cosa che non esistette mai e mai esisterà è la solidarietà femminile;
– ci abbiamo già provato anni fa, e finì che tutti cercavano disperatamente cugine nubili e impiegate in fregola di licenza elettorale;
– è del tutto ingiusto che una signora divenga deputato solo perché va messa per forza numero due, quattro, sei in una lista bloccata; lo stesso per consigliere, sindaco eccetera; il tutto con relativo salario;
– in ogni luogo d’Italia – a Catanzaro, per esempio – ci sono sei o sette signore che da anni aspettano il posto gratis di cui sopra, e intanto nessuno le ha mai sentite esprimere alcuna opinione su qualsiasi cosa, dall’Ucraina all’allevamento dei gatti, e se glielo chiedete andrebbero nel panico più cupo;
– e in nome di che una donna per il solo fatto di essere donna rappresenterebbe le donne? Mica le donne sono una categoria sociale come gli operai o i professori o i medici: essere donna non è una condizione sociale, è un’evidenza naturale.
Che fare? Molto semplice: facciamo sì che le donne abbiano ampi spazi nella società e nella cultura e nella politica, e se ne possano notare le qualità, onde nasca spontaneo il desiderio di votare per loro. Ma in un parlamento già fatto quasi tutto di raccomandati muti e ciuchi, ci mancano solo le signore e signorine octroyées per il solo fatto di esistere.
Ulderico Nisticò