“Mi hanno fatto ritirare le dimissioni assicurandomi dialogo e rispetto delle mie decisioni, ma per poi farmi cadere con un’operazione ordita alle mie spalle insieme all’opposizione”. “Mi hanno attaccato moralmente, cercando di demolirmi come uomo, dicendo in giro che io sarei aggressivo e litigherei con tutti”. “Qualcuno è andato anche dagli amici di mio figlio chiedendo loro di non frequentarlo più per motivi politici”. Sono questi alcuni degli attacchi di Leaonardo Taverniti, ormai ex sindaco di Soverato, al gruppo “dissidente” del Pdl che lo ha detronizzato, sfiduciandolo lo scorso 30 aprile e decretando la fine della sua amministrazione.
Taverniti parla alla stampa e a una reunion di amici e fedelissimi all’hotel Nocchiero, affiancato dal capogruppo Pdl Antonio Gallucci e dall’ex assessore Pascasio Matacera, alla presenza di Mimmo Tallini, assessore regionale al personale che con Taverniti si è intrattenuto a lungo a colloquio al termine della conferenza stampa. E l’ex primo cittadino non risparmia nessuno dei suoi ex compagni di maggioranza dimissionari.
Parte dal quadro “devastato e devastante” delle spese dell’amministrazione precedente, quella del sindaco Raffaele Mancini, trovato al momento del suo insediamento nel 2011. “Basta pensare che alcuni servizi come la manutenzione non funzionavano perché tutti gli operai erano stati trasferiti all’Acquario, eppure si sono spesi 100 mila euro nel 2010 per manutenzione, a fronte dei nostri 6 mila euro circa”, spiega Taverniti, citando anche “l’informatizzazione molto scarsa, per la quale però si erano spese 50 mila euro, a fronte delle 8 mila della mia amministrazione”. L’ex sindaco elenca quindi i suoi tentativi di riportare la macchina amministrativa alla regolarità, improntandola a “trasparenza e moralità”, tagliando i settori “di cui uno in particolare era un posto in cui succedeva di tutto – sottolinea l’ex primo cittadino – ricordando come esempio “un contratto relativo alla depurazione del 2009, nel quale la spesa concordata inizialmente per 397 mila euro alla fine è lievitata a 500 mila”.
Un risanamento che secondo Taverniti è passato anche per la “dismissione” della ditta allora incaricata della raccolta rifiuti, la Schillacium, con un percorso che ha portato “a un nuovo capitolato che ha permesso di risparmiare 200 mila euro”. Certo la situazione dei rifiuti, risparmi o meno, è tragica in città. Ma l’ex sindaco ne ascrive le colpe interamente al sistema provinciale e regionale, sottolineando – per chi volesse domandarsi cosa abbia fatto in due anni per farvi fronte – che a fine giugno se fosse rimasto in carica avrebbe avviato la procedura per la raccolta differenziata porta a porta.
E proprio la Schillacium offre a Taverniti l’occasione per partire a testa bassa all’attacco di quello che potrebbe essere definito suo “nemico numero uno”, l’ex vicesindaco Salvatore Riccio che tanta parte ha avuto nella sua caduta, e che Taverniti definisce “il signor Schillacium”, con tanto di accuse sulla sua presunta vicinanza ai vertici della ditta. L’ex sindaco attribuisce poi a Riccio “un’aspirazione iniziale a fare l’assessore al bilancio, ambizione non soddisfatta perché ho preferito qualcuno di competente – spiega – al nulla”.
Il giudizio è drasticamente negativo anche nei confronti dell’ex presidente del consiglio Sonia Munizzi, accusata di voler “comandare” a Soverato, di averlo “isolato progressivamente dal Pdl con la complicità del coordinatore cittadino Gianfranco Peronaci”, di aver “minacciato dimissioni per forzargli la mano nel nominare Giovanni Marrapodi al bilancio”. Taverniti non lesina l’esposizione di sms e conversazioni che riguardano lui, la coordinatrice provinciale Wanda Ferro, Sonia Munizzi e anche il governatore Giuseppe Scopelliti, per dimostrare il suo tentativo di confronto con tutto il partito e la chiusura invece opposta, a suo parere, da Munizzi e dalla stessa Ferro. Sonia Munizzi avrebbe detto – riferisce l’ex sindaco – “Io l’ho preso in mezzo a una strada e l’ho fatto diventare sindaco“. Una frase che Taverniti prende alla lettera, replicando che “Basta guardare una mia dichiarazione dei redditi per capire che in mezzo a una strada non sono e non sarò mai”. Un resoconto molto dettagliato di fatti, parole, documenti, circostanze, insomma. Alla fine del quale la sensazione resta comunque di amarezza, di confusione, e di problemi concreti di un’intera città che hanno avuto la peggio rispetto a un diluvio di beghe e interessi personali.
Teresa Pittelli