Perché la targa ai Caduti del quarzo?
Negli anni ’30 alcune frane alluvionali mettevano in vista i primi rinvenimenti delle sabbie quarzifere in località Trono del comune di Davoli.
Il 1933, l’Ing. Bruno Misefari , dopo accurati sopralluoghi e l’accertamento di una faglia di quarzo puro dello spessore medio di 10 metri tra i 70 e 300 metri di profondità, che avrebbe dato lavoro per 20 anni, affrontò il tentativo di reperire finanziatori svizzeri.
Fallito il primo approccio, nel 1935, con un gruppo di impresari romani fondò la “S.p.A. Davoli Quarzo e Silice” con 10.000.000 di Lire di capitale sociale.
Ebbe così inizio l’estrazione del prezioso minerale che, mentre offriva lavoro e occupazione alle famiglie del paese (ai minatori e alle donne di trasporto), apriva orizzonti e speranze nuove a tutto il circondario, attraverso la catena di distribuzione, costituita da una teleferica di 3200 metri, la stazione di Satriano, lo stabilimento di molitura di Soverato e le vaporiere, che dal molo di Soverato distribuivano la “terra bianca” a Napoli e a Firenze.
Quattromila tonnellate annuali di questa purissima quarzite (silice al 99,10%) venivano destinate tra i laboratori di precisione dell’Esercito di Roma, alla ditta Venini di Murano, alla Richard Ginori, per costruire vetri da ottica, porcellane, vetrerie e isolatori elettrici.
Ma la “polvere bianca”, estratta a quelle profondità in condizioni di permanente umidità, senza le necessarie protezioni respiratorie, mentre offriva il pane sul desco del focolare, procurava inesorabilmente e percettibilmente il dramma della silicosi in centinaia di giovani lavoratori e padri di famiglia.
Con la fine del periodo bellico, liberalizzati gli scambi con l’estero e i costi di produzione, data la posizione geografica del giacimento, divennero pesanti le tariffe delle merci poco sostenibili, vista la spietata concorrenza della Francia e dell’Olanda.
Dal 1956, si chiuse definitivamente il ciclo produttivo, lasciando nella popolazione davolese l’illusione amara di un sogno svanito, di una catena interrotta di giovani vite stroncate dal male, di intere famiglie private, non solo dal sostegno economico, ma soprattutto dalla presenza e dalla gioia di tanti valorosi Martiri del Lavoro.
Padre Bernardino Gualtieri, in una sua poesia, così li ricorda:
Da “La morte di quarzo”
“Una sosta mi chiedi
mentre corro veloce,
ponte di Vasì….
Vedi il sentiero
che a fianco ti mena
nel luogo del Trono?
Un tempo era terra
vitrea e bianca….
Come l’oro d’America
sorridere ha fatto
i tuoi fratelli….
Lavoro, sudore, pane, avvenire
per uomini, donne, focolari,
speranze di grandi conquiste…
Quella terra vitrea e bianca,
polvere di morte diventava.
Loro son morti….
Passando ricorda
dei tuoi fratelli
la storia….
È sangue di giovani
che gridano forte:
“mai più”.
Perché Largo della Rimembranza?
È un omaggio a quei tanti eroi, uomini e donne, che hanno voluto e saputo sacrificare la loro vita per la conquista dell’indipendenza nella 1^ guerra mondiale, avviando un processo storico inarrestabile verso l’affermazione dei principi fondamentali di eguaglianza, solidarietà, etica propri di uno stato libero e democratico.
È una rivalutazione del nostro percorso storico, facendo riferimento ai valori di coraggio e di generosità che animarono le battaglie per la libertà, ancora oggi profondamente validi.
Padre Bernardino Gualtieri, in occasione della festa dei caduti del novembre 2010, ebbe a lamentarsi del fatto che ne tempo è scomparso dalla toponomastica di Davoli il “Parco della Rimembranza”, inaugurato il 20 maggio del 1923, allorquando vennero piantati tanti alberelli di frassino (oggi rigogliosi e con una grande chioma) quanti erano stati i caduti davolesi nella 1^ guerra mondiale. Ancora adesso, in occasione del 4 novembre ai loro tronchi vengono attaccati mazzi di fiori in ricordo del loro sacrificio. Padre Bernardino, in uno dei suoi tanti libri su Davoli, scrive: “….questi frassini di Corso Vittorio Veneto, nelle cui radici nascondono tre mondi diversi: la storia secolare e valorosa di Davoli materializzata nella leggenda della fanciulla Savina, la sacralità del culto dei morti, il valore di una vita spesa per la libertà di una grande patria”.
Mentre, Vincenzo Ziparo, all’epoca dell’inaugurazione del Parco, così evocava la circostanza: “Ed eccoci qui convenuti e raccolti a celebrare il nostro primo rito d’amore, verso coloro che, con potentissimo amore, immolarono la loro carne sul rogo ardente della Patria. Ed oggi non marmoree colonne adergenti la loro cima a questo magnifico sole di maggio; non bronzei plinti sfidanti le impervie furie dei secoli; non arcuate e gotiche opere d’arte; ma grami alberelli che affondano la loro radice, ricercante l’umor della vita nella madre terra bagnata e benedetta dal vostro sangue….”.
Programma
ore 10,00, raduno in località Vasì per la scoperta della targa commemorativa dei Caduti del quarzo;
ore 10,30, partenza in corteo da Vasì per la chiesa Santa Barbara;
ore 11,00, Santa Messa;
ore 11,45, deposizione della corona d’alloro e commemorazione.