Il prossimo novembre saranno passati dieci anni esatti dai fatti. In un’aula del tribunale di Paola (Cs) un giudice, l’ennesimo, cercherà di capire se la persona arrestata dai carabinieri nel 2004 sia o no un ras della ’ndrangheta. Giudice, accusa, difesa e testimoni dibatteranno ancora nel primo grado di giudizio, come se fosse il primo giorno. Perché in dieci anni il processo non ha fatto un solo passo avanti. Le cronache dell’epoca raccontano di una pericolosa rete criminale che imponeva il pizzo a ogni imbarcazione che approdasse al porto di Cetraro. Un business non da poco. Lì attraccano non solo imbarcazioni turistiche in partenza e in arrivo dalle isole Eolie ma grossi pescherecci. Arrivano denunce, informative, segnalazioni di coloro che si sarebbero rifiutati di pagare il pizzo. Episodi sui quali i magistrati decidono di indagare. E Lo fanno in grande stile, quasi da film dell’azione.
Noleggiano una barca, una Antares 10.80, un’imbarcazione di 11 metri non di lusso ma che non passa inosservata. A bordo c’è un appuntato dei carabinieri che finge di essere un nocchiere. Il suo capitano, invece, fa la parte del ricco ingegnere mentre un carabiniere donna veste i panni dell’amante da portare a spasso. Ma non è tutto. Predispongono un sofisticato sistema di sorveglianza: telecamere, registratori, intercettazioni ambientali e telefoniche. Insomma non si bada a spese. Solo per il noleggio della barca spendono quasi 5 mila euro (compreso il carburante); 230 euro al giorno per le apparecchiature di videosorveglianza, 110 euro al giorno per le intercettazioni e poi una lunga lista di rimborsi per le spese di viaggio, manutenzione, trasferta, etc. A cui si aggiungeranno le spese processuali (per ogni testimonianza resa da un testimone non residente saranno pagati 87,72 euro al giorno; 75,00 euro il rimborso spesa giornaliero). L’operazione va a buon fine. I carabinieri arrestano una persona, Pasquale Agostino. Per gli inquirenti è l’uomo che cercavano. (Corriere.it)