“Cunti e canti”, l’ultima fatica letteraria del giornalista e scrittore Francesco Pitaro
Quando si dice la… serendipità. Ovvero quella ispirazione che nasce per caso da una avversità e fuori dalle dirette intenzioni, e che alla fine sortisce qualcosa di utile e interessante. Come questa raccolta di poesie-canzoni in dialetto calabrese, Cunti e Canti, calabresi illustri in versi dialettali, che Francesco Pitaro ha appena pubblicato in self-publishing per le edizioni ilmiolibro.it. «Per pochi intimi – precisa l’autore –, e per un eventuale cantautore che voglia tradurle in musica, e cantarle, giacché esse nascono con questo intento».
Galeotto è stato un plagio di una sua poesia satirica, pubblicata nel lontano 1992 nel volume Penzéri ô fhocularu, dove la narrazione appare rimaneggiata lasciando però intatti molti versi e due intere quartine. Altri probabilmente avrebbero reagito come si conviene in questi casi, odiosi e piuttosto diffusi. Non così per Pitaro, giornalista e scrittore serio, il quale ha inteso rispondere con un grande senso di spirito e di umorismo provandosi a comporre dodici testi poetici, o, se si preferisce, con dodici canzoni. Insomma, vestendo i panni, per lui davvero insoliti, di testi musicali folcloristici, quantunque abbia all’attivo alcune pubblicazioni di versi dialettali come il già citato Penzéri ô fhocularu (1992), Tìempi antichi (1997), A Muntipauna, storia di una comunità (2013).
In questa sua ultima plaquette di novanta pagine sono racchiusi i profili di dodici personalità che nel corso della storia hanno onorato la Calabria e che tutt’oggi sono tra le più rappresentative della regione. Sono: Gioacchino da Fiore (Nescìu a Celicu in muntagna / a dui passi da Cusenza…), Tommaso Campanella (De Stilu, ô peda ‘e munti Cunsulinu…), san Nilo da Rossano (Tu maestru fhusti, intantu, / dintra ‘i muri ‘e l’abbazia…), Guglielmo Sirleto (Arciviscuvu fhusti a Schidhaci / prima ancora a San Marcu Argentanu…), san Francesco di Paola (San Franciscu calabrisi / chi de Paula si’ ‘u vantu…), Saverio Mattei (… de Muntipauna / poeta, musicologo, biblista…), Magno Aurelio Cassiodoro (da Calabria gran decoru…), Mattia Preti (… alla pittura / tu dunasti gran splendura…), san Bruno da Colonia (San Brunu, tu si’ ‘u fhjura della Serra…), sant’Umile da Bisignano (O Sant’Umila, la manu / a tia porgia Bisignanu), Bernardino Telesio (… e scrivisti De reru natura), Barlaam da Seminara (… della scola de l’Orienta / nu maestru fhusti tu…).
Si tratta di dodici poesie in versi, tra endecasillabi, decasillabi, ottonari, opportunamente rimate, che presentano delle strofe in chiaro e altre in corsivo, alternativamente ripetute. Insomma, un po’ cunti (racconti), un po’ canti (canzoni) come recita, appunto, il titolo del volumetto.
«Ovviamente – scrive Francesco Pitaro nella presentazione – ho realizzato questo breve e modesto lavoro alla mia maniera. Vale a dire con un pizzico di ingenuità, sebbene mi sia sforzato di rispettare il rigore storico. Ma con tanta passione ed emozione». In questi illustri corregionali, prosegue l’autore, «ho tratto motivo per stare per qualche settimana in loro compagnia e di ritemprarmi lo spirito all’ombra irradiata dalla loro elevata cultura e infinita saggezza». Con la speranza che «i religiosi mi abbiano perdonato per il… “sacrilegio” commesso, e i laici abbiano compreso il mio stato d’animo».
Mario Pitaro
Francesco Pitaro è nato a Gagliato (CZ) il 17 febbraio 1953, e vive a Montepaone. Giornalista, ha collaborato alla Radio Vaticanae scritto per Tuttosport, Corriere dello Sport-Stadio, Giornale di Napoli, il Quotidiano della Calabria, Gazzetta del Sud. Ha svolto un breve periodo di insegnamento nelle scuole medie e nei licei ed è stato comunicatore presso il Dipartimento “Politiche comunitarie”, all’Unità di progetto “Relazioni internazionali” della Regione Calabria e all’Unità di gestione Por Calabria.