Le emozioni che tutta Italia vive nelle ultime ore per l’orrido crimine ai danni della giovanissima Fabiana sono di indignazione, rabbia palpitante, dolore opprimente.
Anche io le vivo come giovane donna, come sorella, come figlia, come essere umano. Le medesime sensazioni, unite a un risentito disgusto, le vivo come calabrese nel leggere le qualunquistiche strumentalizzazioni che alcuni miei conterranei – tale Francesca Chaouqui e tale Domenico Naso – hanno messo in atto, attraverso le testate web di due notissimi quotidiani italiani (blog “27esima ora” del Corriere della Sera e Fatto Quotidiano) ai danni di tutta la Calabria: donne, uomini, padri, madri, figli, amici, fidanzati, bambini/e, nessuno escluso. Una sconsiderata e visionaria diffamazione della cultura e dello splendido onore dei calabresi tutti.
Costoro affermano che la morte di Fabiana non deve sorprendere in una terra dove la donna non vale nulla, dove le donne non possono vivere liberamente la propria libertà sessuale, la propria libertà di amare ed essere amate, dove non possono studiare, uscire, vestire alla moda, mostrare la propria femminilità, scegliere l’uomo della propria vita o di una breve avventura. Insomma, le donne calabresi non possono fare nulla! Relegate nelle case (evvai con l’agghiacciante pregiudizio che tutte le calabresi sono casalinghe!), attendono, arrendevoli Penelopi, l’arrivo dei propri padroni alla sera con la minestra in una mano e l’uovo da sbattere nell’altra! Rassegnate a un nauseabondo disagio esistenziale, vivono asservite ai loro uomini (padri, mariti, fratelli), una vita di noia, la cui unica evasione è l’insofferente sogno di fuga da quel mondo limitante, inibitore di ambizione, speranza e desiderio che è la Calabria.
Una descrizione degna dei più terrificanti campi di sterminio! Ma non finisce qui: l’oltraggio di questi due eleganti calabresi non è rivolto solo alle donne: ce n’è anche per gli uomini, che sarebbero dei bruti antidiluviani, usurpatori di dignità, dispotici maneschi, feroci tiranni. Mi chiedo costoro che Calabria abbiano conosciuto, o sotto l’effetto di quale attacco mitomane abbiano scritto cotante oscenità, senza la benché minima conoscenza del fenomeno del cosiddetto femminicidio, della discriminazione di genere, degli stereotipi in cui oggi le donne sono ahimè confinate sin da tenera età; fenomeni che, in realtà, proprio perché non conoscono geografia definita, non sono confinabili in alcuna classe sociale, localizzazione, realtà culturale per poter essere abbattuti completamente.
Qualcuno spieghi a questi due calabresi – che pure si proclamano professionisti! – che concetti come subalternità e possesso non sono circoscrivibili a realtà culturali, sociali, di classe, geografici. L’irrispetto della dignità della donna è cosi diffuso che a uccidere le donne perché considerate possesso esclusivo delle brame del patologico dominio maschile, sono uomini di ogni età, di ogni estrazione culturale e geografica, di ogni classe sociale. Giovani, adulti, vecchi, colti come illetterati, professionisti come analfabeti, uomini del Veneto, come della Sardegna, della Campania, come delle Marche, del Lazio, dell’Emilia Romagna, dell’Alto Adige come della Puglia. Eppure le cronache sono tristemente piene di queste notizie, piene di dettagli sulla provenienza geografica e culturale cosi diffusa di questi assassini! Dove hanno vissuto Francesca e Domenico?
In Calabria viviamo liberamente, andiamo a scuola come gli altri, andiamo all’Ikea come al Nord, usiamo i social network, downlodiamo e uploadiamo ad alta velocità, ci riuniamo in circoli culturali come al Nord, andiamo nei pub dopo cena, beviamo birra e buon vino, aperitiviamo con le amiche, andiamo a cinema a prezzo ridotto il mercoledì come a Milano.
Anche in Calabria esistono relazioni libere come le cosiddette trombamicizie, esistono amori duraturi e per la vita, ma anche avventure di breve durata, in Calabria esistono discoteche da urlo (ma si pagano di meno!), esiste H&M, gli happy hours, in Calabria ci sono gli Apple Store, le ragazze escono liberamente dopo cena come a Milano, ma non prendono il taxi al rientro perché le nostre città sono sicure e a casa possono tornare a piedi anche in piena notte.
In Calabria abbiamo università prestigiose, centri di eccellenza in ogni campo, in Calabria c’è il WiFi, la banda larga, in Calabria vediamo RealTime come al Nord, in Calabria ci sono i Wedding planner come a Milano, in Calabria abbiamo gusto nel vestire più che a Roma e a Milano e sapete perché? Perché nei piccoli centri ci conosciamo più o meno tutti, quindi andiamo sempre vestiti con gusto perché ci piace farci vedere ordinati e stilosi. In Calabria le case sono arredate come le ‘meglio’ fiere del salone del mobile di Milano, perché il Calabrese ha buon gusto! In Calabria facciamo i Flash Mob come a New York, o gli Harlem shake come a Brooklin. In Calabria nei locali c’è musica dal vivo di qualità e non solo tarantelle nelle sagre della soppressata. In Calabria c’è il Roccella Jazz che è secondo nel genere solo all’Umbria Jazz! In Calabria, se una donna è maltrattata dal marito, o semplicemente il matrimonio naufraga, chiede il divorzio come a Firenze! Sapete, non è che varcata Scalea o Rocca Imperiale le leggi non hanno più vigore!!
Ci sono realtà arretrate, per carità, ma come ci sono in ogni regione d’Italia e del mondo, come ho visto realtà di cultura poco progredita anche in Germania e in Inghilterra!
Eppure, tutte queste cose, che credevo patrimonio assodato di ogni essere umano, dovrebbero conoscerle bene le note testate giornalistiche che hanno permesso la pubblicazioni delle oscenità sopra citate da parte di Francesca e Domenico! Come hanno reso possibile la divulgazione di queste affermazioni offensive nei confronti del popolo calabrese? Si rendono necessarie dimissioni immediate e rimbombanti scuse pubbliche nei confronti di tutti i Calabresi da parte del direttore e dei redattori di queste testate giornalistiche.
Quanto ai due autori di suddette agghiaccianti dichiarazioni, beh, in questo caso, sì, le loro convinzioni sono circoscrivibili molto bene in alcuni gravi fenomeni per i quali, data l’età non più scolare dei due autori, ahimè, forse non c’è più rimedio, visto che la scuola dell’obbligo è per loro passata da un pezzo: l’acriticità, il pregiudizio, il qualunquismo, la disinformazione. La rispettabilità della nostra terra non accetta ignoranza. La Calabria ha uno dei più alti livelli di istruzione universitaria d’Italia. La nostra terra, superdotata di risorse naturali e culturali, madre di geni universali di ogni scibile umano, madre di professionisti in ogni campo, madre di storia, arte, cultura, è soprattutto madre di DIGNITA’ e di ONORE, valori altissimi che non sono acquisibili con nessun titolo di studio.
Francesca Labonia
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