Più che una discoteca, é stata un simbolo, uno stile di vita, un’icona di bellezza e di divertimento, oltre che un punto di riferimento per migliaia di giovani e meno giovani che ne avevano fatto un frequentatissimo luogo di incontro incastonato in un contesto naturale d’incomparabile bellezza dove trascorrere, all’insegna della musica di qualità ed in spensieratezza, magiche notti estive.
Quella di quest’anno é la prima estate a Catanzaro senza il “Rebus”, un locale che appartiene alla storia non soltanto della Calabria, perché la sua notorietà superò i confini regionali.
Una mancanza, quella del “Rebus”, che viene avvertita con un senso di nostalgia e di tristezza per i tanti, catanzaresi e non, giovani e non, che ne avevano fatto un punto di riferimento del loro modo di vivere l’estate.
Il “Rebus” fu fondato nel 1970 da Tino Carpanzano, scomparso nel 2014, un imprenditore che, grazie ad una grande passione e ad una competenza proiettata anche a livello internazionale, seppe trasformarsi in un vero e proprio pioniere dei locali d’intrattenimento e di svago, creando un fenomeno di “movida” capace di contenere soltanto elementi positivi e sani, senza eccessi e senza esagerazioni negative, solo puro divertimento.
Molti gli elementi che contribuirono a questo successo: la bellezza del posto, un promontorio affacciato sullo splendido scenario di “Caminia” di Stalettì; la qualità della musica, selezionata con criteri assolutamente innovativi, con esibizioni di gruppi anche dal vivo, un occhio attento alle più importanti e moderne tendenze internazionali e la partecipazione di alcuni tra i più famosi disc-jockey, soddisfacendo, grazie anche alle serata “a tema”, pressoché tutti i gusti musicali, e la gestione del locale, caratterizzata da grande attenzione e professionalità, tanto che, malgrado il notevole affollamento, al “Rebus” non si sono mai verificati incidenti o liti, e meno che mai risse.
Una “tranquillità” cui contribuiva in modo determinante il consistente impiego di personale utilizzato per la gestione del locale, oltre 120 persone che svolgevano il loro lavoro con competenza ed impegno.
Negli ultimi vent’anni un ruolo importante nella gestione del “Rebus” é stato svolto da due dei figli di Tino Carpanzano, Aldo e Fabrizio. Prima accanto al padre e poi, dopo la sua scomparsa, in prima persona. Ed é toccata a loro la triste decisione di chiudere il “Rebus”, cancellando un simbolo del costume e della storia di Catanzaro, una città che negli ultimi anni ha visto sparire purtroppo molte delle sue migliori positività.
“Una libera scelta – spiega Fabrizio Carpanzano – anche se sottilmente condizionata”. Condizionata da cosa? Dai problemi di sicurezza legati alla mancanza di un parcheggio per i frequentatori del locale, obbligati a lasciare le loro automobili lungo i lati della statale 106 jonica in prossimità della discoteca. I segnali di insofferenza da parte delle autorità di pubblica sicurezza erano diventati sempre più insistenti. E sempre più concreto il rischio che per i clienti fioccassero le multe per divieto di sosta.
Certo, le centinaia di auto lasciate lungo la statale 106, così come le tante persone costrette a percorrere a piedi la distanza tra il punto in cui avevano lasciato le loro vetture ed il locale, determinavano sicuramente una situazione di potenziale pericolo. Mai nulla, comunque, é accaduto di grave in questi anni e tutto si é svolto regolarmente, anche grazie alla presenza di decine di ragazzi che, con i loro giubbotti fosforescenti, svolgevano le funzioni di parcheggiatori.
Una situazione che é andata avanti per anni fino a quando le autorità di pubblica sicurezza hanno imposto, in un certo senso, la loro volontà. É così che é stata decretata la fine del “Rebus”. Cancellando d’un colpo un mondo irripetibile di emozioni e di passioni. (ANSA).