Una premessa. La retata di Soverato dimostra, se ce ne fosse bisogno, quanto siano pietose fandonie quelle degli antimafia segue cena, cioè che a delinquere siano i poveri e ignoranti. Meditate, meditate. Ora veniamo al titolo.
La telenovela dei lavori di Corso e Lungomare è specchio delle solite cose in Calabria: si fa quel che si può, sempre in ritardo, sempre mordi e fuggi. Ripeto, per chiarezza, due miei pensieri:
- il Corso andava ripreso, anzi, preso, dopo tanti decenni di anarchia;
- il progetto del Lungomare è francamente brutto; ma almeno, in quelle vasche di cemento, metteteci terra e non i detriti: in quelle già finite, non cresce un filo d’erba, per assoluta mancanza di humus.
Ciò chiarito, veniamo a una leggenda metropolitana, che da qualche giorno circola in Soverato: che i negozi non vendono per colpa dei lavori sul Corso. E qui resto basito, e qualcuno me lo dovrebbe spiegare. Ora mi spiego io.
Il Corso, pur non finito, è perfettamente percorribile a piedi: cosa che io, tra mezzora, farò per comprare il giornale;
anzi, mi capita, da qualche giorno, d’incontrare persone e scambiare due chiacchiere, cosa che prima era molto rara;
le automobili non possono passare: benissimo, camminate tutti quanti a passeggio, come faccio io, che giova alla salute, e risparmiamo benzina e inquinamento.
Ma se io, passeggiando a piedi, ho visto in una certa via centralissima e percorribile in auto, tre negozi chiusi uno dopo l’altro, e nemmeno c’era scritto “fittasi”, segno di disperazione, cosa c’entra il Corso con i suoi lavori?
Evidentemente c’è ancora un residuo della buffa mentalità per la quale un negozio vende se si può parcheggiare proprio sulla soglia. E invece non è vero niente; e non ci sono rimedi magici per il commercio, ma o funziona o non funziona.
Io entro in un negozio se si verificano le seguenti condizioni:
- ho soldi in tasca;
- il negozio vende merce di una certa qualità;
- il prezzo è adeguato (non prezzo basso; proverbio calabrese: “do caru, accatta; do mercatu, pensa”);
- il negoziante è competente e cortese.
Scarso rilievo hanno le vetrine e i ninnoli. Conta molto, purtroppo, il n.1, in una Soverato che è ricca sulla carta e povera nelle tasche. Conta moltissimo il n.2, e, detto in generale, non ci siamo.
Non ci siamo, perché Soverato, nei famigerati anni 1970, si riempì di negozi di sfaccendati, tutti illusi di diventare miliardari solo perché il negozio era a Soverato. Per i punti 2. e 3., non era così nemmeno nel 1970, e non è così, anzi tanto meno, nel 2019; soprattutto a causa del punto 1.
Secondo me, bisogna ridurre il numero degli esercizi ed esaltare la qualità, la qualità sia della merce sia del prezzo; sia della competenza. Io devo poter entrare in un negozio, esporre il mio problema e trovare la soluzione.
In tutte queste cose, il parcheggio non c’entra niente; anzi, se il Corso diventerà luogo d’incontro, magari le guadagnerà anche il commercio.
Ulderico Nisticò