I militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro hanno dato esecuzione alla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro con riguardo alla confisca di un ingente patrimonio criminale. Il provvedimento giudiziario, divenuto ormai definitivo, avendo superato il vaglio della suprema Corte di Cassazione, è relativo alla cosiddetta operazione “Showdown” scaturita dall’indagine della procura della Repubblica di Catanzaro – ora diretta dal procuratore Nicola Gratteri – condotta con il coordinamento dall’attuale procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, nei confronti di soggetti appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Procopio-Sia-Tripodi ritenuta egemone nell’area del soveratese.
L’indagine, culminata inizialmente, del dicembre 2011, nel fermo di indiziati di delitto anche per il reato di associazione di tipo ‘ndranghetistico ed altri reati, e nel sequestro d’urgenza di un rilevantissimo compendio di beni, cui seguivano successive misure cautelari personali e reali, poneva fine ad una complessa vicenda criminale finalizzata al controllo criminale ed economico del territorio del basso ionio catanzarese caratterizzata da eventi omicidiari di efferata crudeltà. Gli accertamenti patrimoniali, svolti dai finanzieri del nucleo p.e.f./g.i.c.o. di Catanzaro, eseguiti mediante la capillare e meticolosa ricostruzione degli articolati assetti societari, delle principali operazioni finanziarie poste in essere ed il conseguente incrocio dei dati con le risultanze dell’attività tecnica e dell’attività info – investigativa svolta sul territorio di riferimento, consentivano di ricostruire gli interessi economici della cosca realizzati mediante il ricorso a schermi societari e a fittizie intestazioni di beni ed attività economiche.
La sentenza, ora in esecuzione per il profilo patrimoniale – oltre a riconoscere in capo a numerosi imputati, tra cui i maggiorenti della cosca (Fiorito Procopio, Michele Lentini e Maurizio Tripodi), la responsabilità penale per vari reati loro rispettivamente ascritti, dall’associazione di stampo mafioso, all’interposizione fittizia di beni, ai reati in materia di spaccio di stupefacenti – disponeva, e per il reato di trasferimento fraudolento di valori, la confisca del patrimonio, per un valore stimato in circa 18 milioni di euro, riconducibile ai soggetti, patrimonio costituito da svariate quote societarie, beni mobili ed immobili nella provincia di Catanzaro, così come attività economiche costituite da ditte individuali nonché da società a responsabilità limitata e la quota parte della metà di un villaggio turistico in fase di realizzazione denominato “San Sostene resort” sito a pochi chilometri da Soverato.