Soverato e il mare Jonio decantati da Matteo Sabbatàni di Imola con tre poesie

L’Università delle Generazioni, autorizzata dallo stesso Autore e dal filosofo Salvatore Mongiardo che ne è affidatario, partecipa in esclusiva ai nostri lettori tre poesie con cui il poeta Matteo Sabbatàni di Imola (Bologna) canta meravigliosamente le bellezze di Soverato e le mitiche suggestioni del mare Jonio, dove solitamente ama trascorrere splendidi periodi di vacanza e di rigenerazione.

Matteo Sabbatàni, nato a Imola il 17 maggio del 1977, ha conseguito nel 1997 il diploma di tecnico della gestione aziendale e il 23 maggio del 2003 (discutendo una tesi su “Max Weber e la critica positiva al materialismo storico”) si è laureato in Scienze Politiche all’Università di Bologna. Dal luglio del 2005 al giugno 2018, in veste di consulente, ha collabora col Comune di Imola e col Nuovo Circondario Imolese per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Nel 2006 ha pubblicato la raccolta di poesie “Scandendo il tempo in versi” e nel 2007, il libro di poesie “Pensieri in agrodolce”. Il 27 novembre 2009 ha presentato “Dialoghi apparentemente futili”, un libro di racconti sulle tre libertà negate del nostro tempo: pensare, essere e amare. Dal novembre 2012, è disponibile in libreria “Anfratti del pensiero sottile”, quasi un diario. “Nel buio, le mie colonne d’Ercole”, invece, è il titolo della sua terza raccolta di poesie pubblicata a maggio 2016, mentre nel giugno del 2018 ha dato alle stampe “A mani alzate. Appunti di viaggio di un resistente contemporaneo”, un’antologia personale.

Ed ecco, qui di séguito, le tre bellissime poesie dedicate a Soverato (CZ), alla gioiosa costa del Golfo di Squillace e al mare Jonio, che non vede l’ora di raggiungere il prossimo mese di agosto per le sue ormai consuete vacanze al … “sole perpendicolare”.

Soverato

Poi, dietro una curva, s’apre,
imponente e maestosa,
la vastità del mare
e l’anima mia riscopre
quell’aura misteriosa
che invita, qui, a sognare:
per cui è buona cosa
lasciarsi un po’ cullare
dal vieni e vai dell’onda
che non si può fermare
e che rende feconda
l’arte del cogitare
e del vergar parole
per farle rimanere
impresse in questo sole,
‘si come nelle sere
che m’accompagneranno
a ritrovar me stesso,
accantonando il nesso
che lega ad un effetto
ogni causalità
ed ogni uman difetto.

Tornare
(Soverato – parte seconda)

Tornare, sì, vorrei tornare e rivedere il cielo e il mare che son sinonimo di libertà,
di “capodanno esistenziale”
per una vita da sempre a metà:
perché lì non s’indossano maschere
e nessuno ti chiede di vivere
come un altro diverso da te;
e, se non amicizia, cos’è
quello spendere tempo con me o lasciarmi anche solo a pensare,
a guardarmi un po’ dentro e a cercare
un appiglio per non naufragare
tra le somme, che son da tirare
e comunque non tornano mai.
e il bisogno che ho di respirare,
di chetare per qualche momento,
con l’aiuto – magari – del vento,
tutto il vostro trambusto, il viavai
e il fermento dei mille pollai
che pur riempiono quest’esistenza.
È l’istinto di sopravvivenza a colmare, con versi e speranza,
questo fiume di tempo e distanza
che guardo, con molta inquietudine,
scorrere placido malgrado me,
mentre sorella solitudine
insinua il dubbio, che invero non c’è,
che questa voglia non sappia di sé
e sia frutto d’un mero capriccio,
di un desiderio falso e posticcio.
Mi pare inutile spiegare, a lei che in quei giorni svanisce,
che l’esigenza di tornare
non muore o non s’assopisce.
Già, spero davvero di tornare e ritemprarmi sotto al sole che, a picco e perpendicolare,
narciso, si specchia nel mare,
di posar lì la grande mole
d’elucubrazioni noiose
che è insita in tutte le cose.

Efeso
(Soverato – parte terza)

Ahi, quanto manca la mia “Efeso”,
la sola capace “d’estraniarmi”,
di far ‘sì ch’io “deponga le armi”
e non presti più orecchio agli allarmi,
fosse pur per quel lasso assai breve
in cui l’anima siede e poi beve,
ritemprando se stessa e quest’uomo
che lì sfoga, entro cirri di fumo,
quell’anelito ad esser se stesso
di cui poi resta un vago riflesso.
Ahi, quanto manca la mia “Itaca”,
quella spiaggia che par di corallo:
lì mi stendo e pulisco il cervello
dalle scorie d’un vivere imbelle
che oramai mi ha pervaso la pelle
sino a farmi auspicare lo stallo,
temporaneo, s’intende, giacché,
poscia, è d’uopo che ognun torni in sé
e si vesta dei panni usuali
propri d’esto gabbiano senz’ali
quale, ai miei stessi occhi, io sono.
Ahi, quanto manca quell’Alamo mia,
priva d’un “Generale Santana”,
di cui urge ritrovi la via,
come un orso che torna alla tana
per spezzare un po’ questo presente,
questo “tutto” che equivale a “niente”.
Ahi, quanto mi manca Soverato:
lei è tutte costoro in un fiato,
lei è Alamo, Efeso, Itaca,
bolla d’aria ove si spande, mitica,
la vertigine d’un’innocenza
che, lo sa la mia stessa coscienza,
fu negato io vivessi appieno.
Oh, latitudini dal ciel sereno
ove ogni tempo è “presente ed adesso”,
questa mia mente ben ricorda, spesso,
la vostra brezza materna e gentile
che sa dar pace a quest’animo vile
e, senza chiedere mai nulla in cambio,
apre uno squarcio, ogni volta più ampio,
sull’orizzonte puerile del mondo;
e, senza posa, poi rende fecondo
tutto il pensare di un uomo errabondo
da sempre in cerca d’un io nato perso.

L’Università delle Generazioni trascrive qui di seguito i recapiti del poeta imolese Matteo Sabbatàni per coloro che volessero dialogare con lui: sabbatani.rimbaud.matteo@gmail.com , telefoni 0542-682093 (casa) e 339-8225805 (mobile). Il filosofo Salvatore Mongiardo ha intenzione di parlare presto con il sindaco di Soverato allo scopo di organizzare un evento letterario assieme al bravissimo Matteo Sabbatàni cui va la riconoscenza di tutta la Calabria, non soltanto della Perla dello Jonio.

L’Università delle Generazioni coglie anche questa ennesima occasione per sollecitare i Responsabili di tutte le Istituzioni regionali, provinciali, comprensoriali e locali ad impegnarsi affinché siano raccolte e pubblicate in una apposita collana editoriale tutti gli scritti passati presenti e futuri lasciati sulla Calabria in generale e sui suoi Luoghi in particolare da Autori esteri (come l’antropologa tedesca Godula Kosack) o di fuori regione, come ad esempio questo bravissimo poeta emiliano Matteo Sabbatàni così tanto innamorato di Soverato e della sua costa jonica.