Il lungomare di Soverato, con la sua fascia verde a monte e il panorama della rada, costituisce un patrimonio, nel senso etimologico del termine: pater munus, cosa appartenente al padre, ricchezza che si tramanda da padre in figlio, che è il caso di mantenere, tutelare, valorizzare.
La rada ci deriva dal lascito diretto del Padreterno; il lungomare e la fascia di verde a monte ci sono pervenute grazie alle scelte sapienti e lungimiranti degli amministratori degli anni Cinquanta e Sessanta, che per la quasi totalità erano persone dotate di titoli di studio medio basso ed in qualche caso addirittura analfabeti!
Quelle scelte erano state poi ‘santificate’ con la elaborazione e approvazione degli strumenti urbanistici.
VERDE A PARCO E GIARDINI PUBBLICI. con vincolo di inedificabilità pressoché assoluto, era (e lo è ancora oggi) la destinazione impressa alla fascia a monte.
Una idea in controtendenza, rispetto a quegli anni, quando un po’ dovunque, e non solo in Calabria, cemento era considerato sinonimo di sviluppo.
Il recente progetto per la rivisitazione di quell’ambito territoriale, con la previsione di spropositati spogliatoi sembra contraddire quella idea lungimirante.
Vedendo procedere alacremente i lavori per la realizzazione delle strutture in cemento armato, che appaiono ai più fortemente impattanti e non compatibili con il contesto, ci si chiede che cosa abbia spinto amministratori e tecnici di ultima generazione a non rispettare quelle disposizioni assunte negli anni Sessanta.
Perché proprio oggi, quando la coscienza ambientale sembrerebbe essere molto diffusa, si consuma un così violento e deturpante delitto nei confronti del patrimonio più qualificante di questa città?
Perché quello che appare ai più impattante, deturpante, è invece giudicato compatibile con il contesto dalla Soprintendenza ai beni paesaggistici e ambientali, e cioè proprio dall’Ente deputato alla tutela dei beni ambientali?
Perché la Provincia in un primo momento esprime il proprio parere negativo per il fatto che il Comune non è ancora dotato di Piano Spiaggia e poi improvvisamente “si ravvede” affermando che alla luce degli sviluppi successivi (?) le condizioni ostative possono ritenersi superate?
Perché la commissaria Rizzo, con i poteri del Consiglio Comunale, travalica i limiti della ordinaria amministrazione, che di norma si pongono i commissari, ed entra a gamba tesa nella programmazione urbanistica, assumendo la decisione di introdurre una variante allo Strumento Urbanistico?
Perché la struttura tecnica comunale appalta i lavori, sottoscrive il contratto e poi si accorge che per “ragioni sopravvenute”(?) “e imprevedibili”(?) è necessario ed opportuno introdurre una variante al progetto originario?
Variante che addirittura non viene sottoposta all’esame della Conferenza dei servizi?
Troppe le domande senza risposte, troppe per non pensare a secondi fini inconfessabili. Il fatto ‘spuzza!’.
Oppure è solo sciatteria? La sciatteria del figlio degenere -plurilaureato, ma analfabeta di ritorno- che invece di custodire e valorizzare il patrimonio ereditato lo dilapida?
Soverato 22 marzo 2015
Gianni Calabretta