E’ stata una gioia immensa e inaspettata per l’Associazione Nazionale Carabinieri di Catanzaro accogliere i figli Renato e Aldo e il nipote omonimo del Maresciallo capo Arruzzo Giuseppe, al quale è intitolata la sezione e alla cui memoria il Presidente della Repubblica concesse la medaglia d’argento al valore civile. Classe 1917, originario di Rosarno, in servizio presso la Legione Carabinieri di Catanzaro, Giuseppe Arruzzo, dopo avere prestato servizio nel capoluogo, veniva trasferito a Vibo Valentia. Qui tutti i cittadini stimavano il giovane Comandante di stazione, che, con autorevolezza e indiscusso carisma, sapeva sempre come affrontare le situazioni difficili trovando le parole giuste per calmare gli animi e riportare l’ordine. Tanto era la sua incidenza, che un giorno, mentre non era in servizio e stava spasso con in braccio il figlio Aldo di soli diciassette mesi, fu chiamato poiché un industriale del luogo veniva gravemente minacciato nella sua abitazione da un ex-dipendente. Senza esitazione alcuna, il maresciallo lasciava il piccolo Aldo fra le braccia della madre per intervenire sul posto dove veniva fatto segno a colpi di pistola. Nonostante fosse stato gravemente ferito, si lanciava contro l’aggressore afferrandolo per il braccio e facendo deviare un altro colpo esploso contro di lui. Caduto al suolo, si trascinava per alcuni metri nell’animoso tentativo di inseguire il feritore, fino a quando, abbandonato dalla forze, dovette desistere perdendo dopo poche ore la vita. Arruzzo moriva così il 14 aprile del 1954, a 36 anni, lasciando la moglie Domenica Policriti di soli 26 anni e i due figli Renato di quasi cinque anni e Aldo di diciassette mesi. Moriva forte di avere compiuto un gesto coraggioso che delinea la personalità dell’uomo dell’Arma, fedele al suo servizio. Una personalità che è emersa anche dai racconti che i figli hanno fatto al presidente della sezione Ten. Maurizio Arabia e al vicepresidente Brig. Capo Michele Iuliano, nel corso del loro incontro nella sede dell’A.N.C. di Corso Mazzini. La madre ha lasciato da poco, all’età di ottantasei anni, Renato e Aldo. Il primo continua a vivere a Rosarno, è impiegato al Ministero delle Finanze, sposato, ha un solo figlio al quale ha dato lo stesso nome del padre. Il secondo vive a Massafra (TA), è un pensionato di Poste Italiane, è sposato e ha due figlie, Valentina e Monica. Non è stato facile per la famiglia Arruzzo sopportare una tale tragedia, un tale dolore. Un dolore che fa ancora parte dei familiari. Un dolore che si mischia all’orgoglio di essere figli del maresciallo Arruzzo, così amato dalla gente, così rispettato. Questi sentimenti sono emersi dalle parole di uomini che mai hanno conosciuto effettivamente il loro “grande” padre. L’emozione di Aldo e Renato, dopo tanti anni, è stata ancora molta nel parlare di quel padre che gli è stato strappato da piccoli. Di quel padre del quale il primogenito Renato ha ricordi offuscati. Di quel padre che Aldo conosce solo attraverso i racconti della madre, di parenti e amici, di colleghi e semplici vibonesi tanto riconoscenti: “E’ ammirando lo sguardo che la gente ha quando viene a sapere chi era mio padre che io comprendo chi era veramente”, ha detto. Lo sguardo di chi ha avuto il piacere di conoscere il maresciallo immolatosi per salvare la vita altrui è molto più eloquente di tanti aneddoti, che gli stessi non hanno mancato di raccontare.
Ricordare il maresciallo Arruzzo ora, per Aldo, Renato e il nipote Giuseppe, è molto importante per diffondere quella che è stata la sua testimonianza, quella di un carabiniere che ha creduto nella Famiglia dell’Arma e nei suoi valori fino a perdere la vita. Il giovane comandante della stazione di Vibo non può essere dimenticato. E non lo è di certo. La sezione A.N.C. a lui intitolata fa memoria del suo eroismo e prendendolo ad esempio vuole continuare ad operare a favore della collettività.
Ufficio stampa
ANC Catanzaro – sezione “G. Arruzzo”