Nemo iudex in causa sua. Essendo io stesso parte del lavoro come consulente storico, mi contento di esprimere piena soddisfazione per “L’ultima notte di Scolacium” andata in scena il 9 e il 10. Colgo piuttosto l’occasione per parlare dell’area archeologica e del suo uso.
Conosco gente di Soverato che a Scolacium non ha messo mai piede. Eh, mica sbandati o renitenti alla leva scolastica o poveracci emarginati: dico laureati e professionisti. Di fronte a tale desolata scoperta, ben vengano ogni anno “Armonie d’arte” e ogni altra occasione che popola di visitatori un luogo che altrimenti piangerebbe ininterrotta solitudine.
Eppure, ragazzi, sarebbe una delle emergenze archeologiche più interessanti. Secondo il mito, fu Menesteo, re di Atene e reduce da Troia, a fondare Skylletion; tutte le fonti antiche concordano sulla fondazione ateniese: e scusate se è poco! Lo so che Cassiodoro, unico e solo, accenna a Ulisse, ma il nostro grande politico e teologo non s’intendeva di studi omerici. Della città greca mancano sinora prove archeologiche.
Dopo il 123 aC i Romani dedussero la Colonia Minervia Scolacium; questa tra il 96 e il 98 dC venne rifondata da Nerva, e divenne, recita un’epigrafe del Municipio di Squillace, Colonia Minervia Nervia Augusta Scolacium. Ne resta molto: teatro, anfiteatro, terme, portico, foro, basilica, necropoli, statue, iscrizioni …; e tracce fino all’età bizantina.
Il grande edificio sacro visibile già da molto lontano non è, a onta del cartellone, né basilica né bizantina, e tanto meno cattedrale, ma un’abbazia di età normanna e dalle varie vicende architettoniche e di uso; probabilmente adoperata nei secoli solo come fortilizio, e testimone di operazioni militari dal Vespro fino all’insurrezione contro Murat.
Fece parte, ai suoi bei dì, del grande progetto di latinizzazione del territorio, che si svolse in tempi lunghi: per dir solo della Calabria istmica, un’abbazia alle foci del Corace, una alle sue sorgenti, Corazzo, e la grande Sant’Eufemia alle foci dell’Amato.
Senza scordare che alle spalle c’è Squillace con castello eccetera.
Di tutto questo, troppi indigeni, e, ripeto, laureati, ignorano totalmente tutto. Viva gli spettacoli, dunque, che riempiono il deserto; e se anche uno ogni dieci poi torna a vedere i ruderi, è già un miracolo.
Ulderico Nisticò