Antonio Reppucci ha lasciato buona memoria dovunque è stato prefetto: qui, prima a Cosenza poi a Catanzaro; e stava facendo bene a Perugia. Ora tutti lo conoscono per un’uscita estemporanea, che, a quanto dicono, gli costerebbe la rimozione. Egli ha detto: “Se una madre non si accorge che il figlio è drogato, ha fallito. Si deve suicidare”.
Da linguista, riscontro un vizio molto meridionale, quello del barocco e della frase ad effetto; come quando noi gridiamo “staiu morendu” per un banale mal di testa. Più d’una volta, in occasioni culturali e in incontri amicali, ho dovuto costatare in lui questa tendenza, assai napoletana, all’enfasi. Perciò “Si deve suicidare” è una frasetta che poteva evitarsi benissimo: bastava aver dichiarato fallita una madre che non si accorge dei problemi dei figli. E qui Reppucci ha ogni ragione, e io sono con lui.
Non è necessario essere psicologi o psichiatri o pedagogisti con laurea, per avvedersi che un ragazzo diventa strano, assente, ipersensibile; ha cattive frequentazioni e orari sballati; perde il contatto con la realtà e con la scuola, e con la stessa famiglia; e, spesso, glielo si legge in faccia.
Che può fare, una madre? Che un padre? Che la scuola? Che la parrocchia, ammesso che il fanciullo la frequenti? Da soli, nulla; tutti assieme, possono collaborare e pensare a qualche intervento.
Lo Stato deve fare la sua parte, stroncando il traffico. La comunità deve interrogarsi se fa il suo dovere nei confronti dei giovani, e rispondere subito che no. I ragazzi vengono parcheggiati a scuola, quasi con la speranza che i libri e i banchi sostituiscano la vita; mentre ne sono solo una parte, e nemmeno la principale. In qualche caso, c’è un dopo parcheggio di altre attività, giusto per levarseli di torno. Ma ognuno per sé, senza modelli condivisi. S’insinua la noia, che è la porta da cui entra il diavolo, spesso sotto forma di polverine e altre porcherie.
Al massimo, qualcuno si affanna a dimostrare – tabelle e filmatini alla mano, sempre gli stessi passati di convegno in convegno – che drogarsi fa male: come se invece qualcuno pensasse che fa bene! E invece chi si droga cerca proprio quelle sensazioni devastanti che, nelle sue momentanee illusioni, dovrebbero sostituire le emozioni genuine e naturali. Vuole dunque farsi male, non bene!
La comunità dovrebbe mostrare ai giovani dei valori; ma prima di mostrarli ad altri, dovrebbe averli, e noi invece viviamo in una Babele di opinioni superficiali e campate in aria, spacciate per libertà di pensiero.
Le madri per prime dovrebbero accorgersi del vuoto dei propri figli. E qui Reppucci, barocco a parte, ha messo un’intera mano nella piaga. Io sto con lui.
Ulderico Nisticò
ARTICOLO CON VIDEO CORRELATO
VIDEO | Droga e famiglia, bufera sull’ex Prefetto di Catanzaro